Andrea Filloramo e il suo ultimo libro tra Chiesa & territorio. Amare la città in cui si è nati è ricercare ciò che si è

di Andrea Filloramo 

Ho riflettuto molto prima di iniziare a scrivere “I turbamenti di un giovane prete”, in cui ho voluto ricostruire, intrecciandole con la Storia, da cui ho ritenuto di doverle inevitabilmente indirizzare, la storia e le vicende “verosimili” o “vere” sicuramente accadute.  

 In questo lucido impegno, che non è tato solo intellettuale, ma anche emotivo, ho collocato nel mio romanzo il personaggio all’interno dei miei tempi e dei miei luoghi, dove si è svolta la mia vita, particolarmente quella infantile, sapendo che gli odori dell’infanziavivono nella mente, assumendo le sembianze di una porta semiaperta e collegano ad un passato a cui facciamo spesso ricorso per far tornare alla memoria quei momenti felici. 

Per far ciò, ho “allogato” il protagonista a Messina, una città ricca di storia e cultura, dove sono nato, dalla quale vivo lontano da tanti anni e al mio Villaggio – l’Annunziata – reso anonimo per motivi di privacy – dove ho vissuto forse gli anni più belli della mia vita, assieme a persone, che considero gli amici storici, la cui distanza nel tempo e nello spazio, mi fa riflettere sul significato delle vere e autentiche relazioni umane. 

Da osservare che i Villaggi Peloritani, fra i quali c’è anche il mio, si estendono sia lungo la costa che nell’entroterra, ognuno con caratteristiche uniche, legate alla tradizione, alla natura e alla posizione geografica, nonché a personaggi che rappresentano parti fondamentali del patrimonio della Città dello Stretto, che, purtroppo, per non sono conosciuti da molti e nemmeno menzionati. 

Il Villaggio Annunziata, per esempio, è strettamente legato alla figura di Francesco Maurolico (1494-1575), matematico, astronomo e umanista, noto per i suoi contributi in particolare alla geometria, all’ottica e alla teoria dei numeri, oltre che per il suo lavoro di traduzione e commento delle opere di autori classici come Euclide e Archimede.  

Tra le sue opere più importanti si annoverano: “Cosmographia”, “Photismi de lumine et umbra (sui fenomeni della luce e dell’ombra)” e gli studi sulle progressioni aritmetiche. Maurolico anticipò alcuni concetti che sarebbero stati sviluppati in seguito nel calcolo infinitesimale e diede un contributo fondamentale alla diffusione della scienza classica nel Rinascimento.  

Si ritiene che, proprio nel Villaggio Annunziata, Maurolico abbia trascorso parte della sua vita, in un monastero benedettino là allora situato, che era non solo un importante centro culturale e scientifico.   

La tranquillità del Villaggio – oggi solo sognata, a causa dell’urbanizzazione selvaggia, solo  – e il contesto intellettuale del monastero indubbiamente gli offrirono l’ambiente ideale per i suoi studi e le sue osservazioni astronomiche, come quelle riguardanti le Eclissi e Comete. Da osservare che la sua precisione nell’annotare questi fenomeni contribuì alla comprensione dei moti celesti. Criticò il Sistema tolemaico, evidenziando le incongruenze. Propose, inoltre, metodi più rigorosi per la determinazione della posizione degli astri, migliorando la tradizione osservativa medievale.  

Da aggiungere ancora che Maurolico contributi alla Cartografia Celeste: i suoi studi, infatti, aiutarono a perfezionare la rappresentazione del cielo stellato e delle costellazioni. Il suo lavoro astronomico si inserisce in un periodo di transizione tra l’astronomia medievale e quella moderna, anticipando in alcuni aspetti le rivoluzioni che sarebbero arrivate con Galileo e Keplero. 

Aggiungiamo che proprio all’Annunziata è nata Santa Eustochia Calafato (1434 – 1485) in una cosiddetta “grotta”, diventata un luogo di culto.  

Da ricordare anche l’eremo di San Nicola, un rudere di grande interesse storico, resti di un monastero di epoca medievale, situato precisamente nella zona di Poggio Paradiso, che è da considerare quello che rimane della chiesa dove probabilmente è stata battezzata e dove ha sentito la vocazione monacale.  

A tal proposito Suor Jacopa Pollicino, l’unica biografa e consorella della Santa, nelle sue memorie scrive: “Aveva quattordici anni, quando un giorno all’improvviso pensò di indossare gli abiti più eleganti che aveva; ed espresse il desiderio di andare a spasso con i suoi fratelli, con l’intenzione di recarsi a vedere la contrada dove era nata”.  

A conclusione: amare la città in cui si è nati è ricercare ciò che si è; è valorizzare e far emergere la bellezza che naturalmente circonda quel territorio, che si sente proprio anche quando si è lontani; è dare voce alla voglia di cultura, di curiosità, di meraviglia che si possiede; è dimostrare ciò che rende capaci di portare al mondo intero la vera essenza di noi stessi, del proprio modo di essere, della propria stessa vita.