L’ITALIA E LA SFIDA DELLA NEW SPACE ECONOMY

La “New space economy” rappresenta attualmente circa lo 0,35% del Pil mondiale. Secondo il World Economic Forum, la New space economy avrebbe raggiunto il valore di 630 miliardi di dollari nel 2023 e potrebbe raggiungere gli 1,8 trilioni di dollari entro il 2035.

La space economy è del resto ormai un fornitore di applicazioni innovative e servizi avanzati che vengono utilizzati sempre più nella vita quotidiana e che, si stima, entro il 2040, porteranno il settore a raggiungere un valore fra i 1.000 e i 2.700 miliardi di dollari.

L’Italia è il sesto Paese al mondo per rapporto fra investimenti nello spazio e Pil e il terzo in Europa. Un rapporto che negli ultimi anni è quasi raddoppiato, con una crescita media annua del 9,5%. Ottantotto paesi nel mondo investono in programmi spaziali, 14 dei quali hanno capacità di lancio; l’Italia è tra i 9 paesi dotati di un’agenzia spaziale, con un budget di oltre 1 miliardo di dollari all’anno.

Il Made in Italy nel settore spaziale, nel 2023, ha prodotto esportazioni per 7,5 miliardi, in crescita del 14% rispetto al 2022. Nei primi otto mesi del 2024 il dato delle esportazioni italiane nel settore è stato di 4,3 miliardi.

Ma, soprattutto, l’Italia è anche uno dei pochissimi paesi ad avere una filiera completa su tutto il ciclo: dall’accesso allo spazio alla manifattura, dai servizi per i consumatori ai poli universitari e di ricerca, con un’ottima distribuzione delle attività su tutto il territorio e un mercato in cui operano all’incirca 200 aziende con un fatturato annuo di più di 2 miliardi di euro. Il comparto spaziale italiano è comunque ancora composto, per circa l’80%, da piccole e medie imprese, altamente specializzate nei diversi àmbiti.

Tutto questo opera in una cornice che, dal 2016, vede l’Italia già dotata di un “Piano strategico Space Economy”, parzialmente confluito poi, come “Piano a Stralcio Space Economy”, nel Piano Imprese e Competitività Fsc, con un investimento Paese di circa 4,7 miliardi di euro, di cui circa il 50% finanziato con risorse pubbliche aggiuntive rispetto a quelle ordinariamente destinate alle politiche spaziali. Nel periodo 2023-2027, i finanziamenti pubblici destinati all’ecosistema spaziale nazionale ammonteranno, complessivamente, ad oltre 7 miliardi di euro. Tali prospettive di attenzione e sviluppo sono peraltro in linea con la recente approvazione, il 20 giugno 2024, da parte del Consiglio dei Ministri del primo disegno di legge per una normativa organica nazionale sulla space economy.

 

7 proposte dell’Eurispes per sostenere la space economy

Di seguito alcune proposte operative e azioni concrete che potrebbero essere propedeutiche a sostenere il settore della space economy.

 

  1. Armonizzare i distretti aerospaziali e superare i limiti delle reti regionali

Sono tredici i Distretti aerospaziali italiani che mettono in contatto le grandi aziende con le medie e piccole imprese e start up, portatrici di un elevato valore aggiunto in termini di innovazione tecnologica, e con i Centri di ricerca, Università e agenzie nazionali. Tutte queste realtà, tuttavia, presentano caratteristiche differenti e non sono uniformi, né a livello statutario né giuridico. Sarebbe dunque importante superare tale limite con una maggiore armonizzazione tra di loro e con le Reti regionali.

A proposito di queste ultime, accanto ai distretti e cluster, in alcune regioni italiane, esistono infatti anche le Reti regionali, le quali presentano però anch’esse diversi limiti che ne ostacolano l’efficacia, tra cui la frammentazione delle iniziative e la mancanza di integrazione con il tessuto industriale locale.

Uno dei principali problemi delle Reti è poi l’assenza di un coordinamento nazionale: non essendo i progetti coordinati tra loro, ci si trova spesso a lavorare su progetti simili, perdendo così l’opportunità di creare un valore aggiunto più significativo attraverso la condivisione di conoscenze e risorse.

 

  1. Sfruttare e disciplinare le potenzialità dell’intelligenza artificiale anche in riferimento alla space economy

Nello spazio si acquisiscono oramai quantità impressionanti di dati, soprattutto immagini, che devono essere trasmesse a terra per essere elaborate. In tal caso, un primo problema è legato alla velocità della trasmissione a terra, che è oggi ancora troppo lenta; il che rende indispensabile elaborare le immagini per una prima valutazione di massima che permetta di spedire a terra solo quelle interessanti, o comunque istruire il satellite su cosa inquadrare e come prendere l’immagine successiva. L’IA potrebbe velocizzare tale processo e sarebbe anche un potente strumento per l’analisi dei dati trasmessi.

Altri settori in cui l’utilizzo delle potenzialità dell’IA è fondamentale sono poi quelli della guida, della navigazione e del controllo autonomi; delle operazioni satellitari; della progettazione e collaudo dei veicoli spaziali.

Sotto il profilo legale e normativo tutto questo necessita però di essere specificatamente disciplinato, garantendo che queste tecnologie siano utilizzate in modo etico e responsabile. In un tale contesto è dunque senz’altro da apprezzare il Regolamento Europeo 2024/1689 (AI Act), in vigore dal 13 luglio 2024 e pienamente applicabile dal 2 agosto 2026, che introduce norme uniformi per la commercializzazione, l’attivazione e l’utilizzo dei sistemi di intelligenza artificiale nella Ue, compresa una chiara definizione del concetto stesso di intelligenza artificiale (art. 3). Un quadro giuridico da cui partire.

  1. Sfruttare la leva fiscale – esenzione Iva per la space economy e per i beni dual use

Per gli Stati Ue che partecipano ai programmi dell’Agenzia europea per la Difesa è prevista l’esenzione Iva per le spese di procurement militare.

L’esenzione dall’imposta del valore aggiunto, che può essere utilizzata per qualsiasi tipo di progetto dell’EDA, crea così un interesse commerciale per tutti i programmi di cooperazione nella difesa. L’unica clausola è che l’Agenzia deve necessariamente «portare una qualche forma di valore aggiunto al progetto in questione». Questo “valore aggiunto” può essere, ad esempio, l’apporto di conoscenza tecnica, la messa in comune della domanda (pooling demand), la costruzione di sinergie con politiche europee più ampie.  Perché dunque, con la stessa ratio e vista anche la natura ontologicamente affine, anche al fine di guadagnare competitività in àmbito globale, non estendere tale esenzione anche alla space economy ed in particolare ai programmi ESA?

La possibilità di considerare come beni e tecnologie duali quelli utilizzabili sia in applicazioni civili sia nella produzione, sviluppo e utilizzo di beni militari dà peraltro il quadro di quanto una tale misura possa essere in linea con la suddetta, già vigente, esenzione e comunque di quanto potrebbe valere e servire da volàno finanziario per il settore.

 

  1. Canone di uso orbitale

Anche se può sembrare una proposta per certi versi “bizzarra”, uno studio pubblicato nel 2020 fra i Proceedings of the National Academy of Science proponeva un accordo internazionale che addebitasse agli operatori un canone di “uso orbitale”. Una sorta quindi di Imu dello spazio, a carico degli operatori satellitari, per ogni singolo satellite lanciato in orbita, anche come ristoro per la cittadinanza per i “danni” in termini di inquinamento e/o rischi da detriti a tale attività comunque connessi.

Il tema, al di là anche della misura e dell’impatto economico che può avere, è la riflessione sulle responsabilità che abbiamo in questa corsa allo Spazio. Lo Spazio, infatti, è un bene da proteggere. Una tassa orbitale potrebbe dunque anche stimolare lo sviluppo di sistemi spaziali basati sul riciclo, o comunque di maggiori politiche di resilienza.

 

  1. Una normativa comunitaria concorrenziale sulla falsariga del Digital Market Act

L’Unione europea ha delle politiche commerciali e concorrenziali molto rigide, che, in funzione strategica, andrebbero in qualche modo “alleggerite” per il settore spaziale.

Come già accaduto in altri settori ad alto tasso tecnologico, quali l’industria energetica e il digitale, sarebbe il momento di cambiare strategia per tutelare i privati europei che si stanno inserendo in un mercato sempre più globalmente affollato, anche attraverso una normativa simile al Digital Markets Act.

 

  1. Applicare i suggerimenti del Piano Draghi

Il settore spaziale europeo trarrebbe senz’altro vantaggio da regole di governance e investimento aggiornate e da un maggior coordinamento della spesa pubblica in un vero Mercato Unico per lo Spazio, come anche suggerito nel report sulla competitività europea, a firma dell’ex Presidente del Consiglio, Mario Draghi, al capitolo Spazio (capitolo 4 – Strengthening industrial capacity for defence and space), dove è dedicata un’ampia parte a dimostrazione del peso crescente dell’economia spaziale e soprattutto del ruolo che l’Europa può avere in questo settore.

  1. Promozione degli investimenti e delle fonti di finanziamento per le aziende operanti nel settore spazio – fondo sovrano europeo, minibond e private equity

Lo Spazio deve diventare uno dei pilastri della strategia per rilanciare la competitività dell’Italia e dell’Europa.

La promozione della competitività europea deve passare anche attraverso investimenti nel prossimo Quadro Finanziario Pluriennale, con più risorse e strumenti finanziari adattati alle esigenze delle imprese e un approccio di finanziamento che mobiliti risorse pubbliche e private, anche attraverso un Fondo sovrano europeo. Il Giappone ha ad esempio lanciato già nel 2023 un fondo strategico decennale da 6,7 miliardi di dollari per sostenere l’innovazione, l’autonomia e la competitività internazionale nel settore spaziale. La creazione del fondo è stata inserita all’interno del Piano spaziale nazionale per permettere alla Jaxa, l’Agenzia spaziale nazionale, di supportare al meglio il settore commerciale e accademico

Una delle soluzioni più promettenti per le Pmi aerospaziali potrebbe essere poi l’emissione di minibond, particolarmente utili per finanziare progetti di ricerca e sviluppo, con scadenze brevi che vanno di pari passo all’avanzamento di progetti e commesse lunghe.

Il private equity è infine un’altra fonte di finanziamento che potrebbe offrire significativi benefici alle Pmi del settore. Gli investitori di private equity forniscono infatti non solo capitale, ma anche competenze manageriali e supporto strategico.

Il futuro dell’industria aerospaziale italiana dipende, in sostanza, anche dalla capacità delle aziende di accedere al capitale ed utilizzare efficacemente una gamma diversificata di strumenti finanziari. Se negli ultimi anni si è dunque molto investito nel venture capital e nei programmi di accelerazione e incubazione per le star tup, ora potrebbe assumere sempre maggiore importanza il sostegno alle Pmi attraverso strumenti di private equity. Strumenti come i corporate bond, anche di piccole dimensioni, e i basket bond di filiera – regionali o multiregionali – potrebbero rappresentare opportunità concrete per ampliare le opzioni finanziarie disponibili per le Pmi.

Il punto, in definitiva, consiste nel permettere alle imprese di superare le proprie limitazioni dimensionali e accedere a capitali più consistenti (magari anche per mezzo di aggregazioni attraverso consorzi, o partnership strategiche con grandi aziende).

Senza un sostegno strutturale alla filiera produttiva, le imprese rischiano di perdere la capacità di rispondere alle sfide del mercato globale.

Guerre spaziali

La futura “guerra” spaziale (in realtà già in corso) si combatterà prima di tutto sul fronte economico, e le motivazioni sono chiare se si pensa che solo dall’estrazione mineraria sugli asteroidi la NASA stima che si possano ricavare 700 quintilioni – miliardi di miliardi – di dollari.

Investire nella space economy, in definitiva, rappresenta una scommessa win to win, dato che il ritorno degli investimenti in tale settore è pari ad almeno il doppio.

Ma nonostante le grandi potenzialità, le aree di miglioramento e i ritardi europei nei confronti dei principali competitor internazionali sono ancora numerosi, laddove, a esempio, nei soli investimenti privati il gap è stimato in 10 miliardi di euro per i prossimi 5 anni.

Non c’è quindi tempo per perdersi nella mera “contemplazione” dello spazio, è il momento di mantenere e implementare la nostra capacità.