
Quando mi capita di conversare con qualche rappresentate dei Testimoni di Geova, prima di iniziare il discorso o per chiuderlo dico subito io cattolico rispetto a loro e a tutte le altre religioni sono un privilegiato perché quando ho qualche dubbio, in particolare sulle cose fondamentali, ho una persona a cui fare riferimento, questa persona è il Papa.
Pensate a quello che succede con l’Islam, quando si discute in quegli ambienti spesso “si mette il revolver sul tavolo”, diceva uno studioso. Ebbene il privilegio di fare affidamento a un Papa, vale anche per questi giorni che è fisicamente assente in S. Pietro, o in Vaticano. che è sofferente in un letto di ospedale, accudito dai medici e dagli operatori sanitari, che si prendono cura della sua persona, in mezzo a tanti altri malati. “Avverto nel cuore la “benedizione” che si nasconde dentro la fragilità, perché proprio in questi momenti impariamo ancora di più a confidare nel Signore», dice il Pontefice. Papa Francesco ringrazia il Signore perché gli dà l’opportunità di condividere nel corpo e nello spirito la condizione di tanti ammalati e sofferenti. Eppure il Papa c’è anche in queste giornate senza le sue parole e la sua presenza fisica.
Ma proprio in questi momenti è opportuno porsi la domanda: chi è il Papa? Che cosa rappresenta? A questa domanda ha risposto il responsabile nazionale di Alleanza Cattolica, il professore Marco Invernizzi. (Il Papa e l’unità della Chiesa, 10.3.25, alleanzacatolica.org) Citando il N. 882 del Catechismo della Chiesa Cattolica : «Il Papa, Vescovo di Roma e Successore di san Pietro, “è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità sia dei Vescovi sia della moltitudine dei fedeli”», ricorda che il Papa, governa la Chiesa e insegna con il suo Magistero, ma soprattutto è il garante dell’unità, cioè del corpo visibile di tutti i fedeli, dai vescovi suoi confratelli ai fedeli cattolici, oltre un miliardo e 300 milioni sparsi nel mondo.“Nessuna religione ha questa caratteristica, perché nessuna religione è caratterizzata dall’adesione a una Persona, Gesù di Nazareth, uomo e Dio, prima che a una serie di valori e principi”.
A cominciare da noi cattolici facciamo fatica a comprendere in profondità questo principio, sancito nelle parole di Cristo: «tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa». Parole rivolte a un semplice pescatore, che sarebbe stato assistito direttamente da Dio e, così, garantito dal Signore. Pietro era un uomo, con tutti i suoi limiti e difetti, ma un uomo investito di una missione speciale per la quale Dio stesso si fa garante. Così vale per tutti i Pontefici, compreso Papa Francesco. Un uomo che non cessa di essere un peccatore, tuttavia il Figlio di Dio ci invita a seguirlo, con fiducia. E’ forse questo che provoca scandalo e incredulità, ma è il fondamento della fede cattolica, che si basa sul rapporto personale della creatura con il suo Creatore, attraverso la mediazione della Chiesa, raccolta intorno al Vicario del Signore.
Certo la Storia della Chiesa non sempre è stata lineare, limpida, coerente con il messaggio evangelico. “In oltre duemila anni la Chiesa ha avuto Papi molto discutibili, – scrive Invernizzi – alcuni addirittura riprovevoli, ma non ha mai abbandonato questa fede, che da 1700 anni, dal Concilio di Nicea, professiamo tutti con le stesse parole ogni domenica durante la Messa”. Chi si è staccato da questa verità ha rotto la comunione e ha creato ferite che permangono ancora oggi e continuano a fare sanguinare il corpo di Cristo. Del resto tutti i Santi, nonostante le tante difficoltà, sono rimasti uniti alla Chiesa e al Papa. “Ma l’unità della Chiesa non è soltanto quella visibile, scrive Invernizzi, Si può rompere la comunione anche nel foro interno, mantenendo una apparente unità, formale ma non sostanziale”. E questo purtroppo succede anche oggi ed è successo molte volte, nella storia, per esempio con il giansenismo e con il modernismo, due “eresie bianche”, cioè due eresie che non volevano rompere l’unità giuridica, ma la minavano dall’interno, con malizia più o meno consapevole”. E’ avvenuto anche con la rivolta contro san Paolo VI, quando pubblicò l’Humanae vitae nel 1968, con i manifesti dei teologi contro san Giovanni Paolo II e, poi, contro Benedetto XVI, e ancora di più oggi contro Papa Francesco, accomunando ambienti di diversa tendenza teologica e ideologica. Attenzione, però, “questo non significa che ogni gesto del Papa sia infallibile o che un Papa non possa peccare, ma vuol dire che alla sua persona va riconosciuta un’assistenza divina particolare, così che ogni atto del suo Magistero ordinario, pur non essendo infallibile, necessita dell’«ossequio dello spirito», come scrive il Catechismo al n. 892”. La questione che affligge il nostro mondo è la penetrazione del relativismo dentro la Chiesa e, di conseguenza, anche il rifiuto pratico del principio dell’obbedienza e dell’ascolto, per cui si giudicano gli atti del Pontefice alla luce del proprio sentire e non viceversa. Il cattolico oggi dovrebbe riscoprire due parole fondamentali: obbedienza e unità.
“Obbedire non significa capire tutto e capirlo subito: spesso comporta anche il sacrificio della propria opinione. Obbedire non esclude di porre domande quando non si capisce, senza spirito di polemica e con un atteggiamento filiale. Soprattutto, obbedire significa confermare nei fatti che l’unità attorno a una persona scelta dallo Spirito Santo è uno dei più grandi doni che Dio ha fatto agli uomini, dando loro qualcuno da seguire e dando a questo qualcuno la sua assistenza continua e benefica”.
a cura di DOMENICO BONVEGNA