L’INTERVENTO: LA DEMOCRAZIA CRISTIANA HA CONTRIBUITO A SCRISTIANIZZARE IL PAESE?

Le domande poste dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni sul Manifesto di Ventotene ha innescato un ampio e interessante dibattito sulla cultura politica che sta alla base della rappresentanza politica cattolica in Italia del dopoguerra, un percorso che parte dalla Dc di De Gasperi fino ai Dem di Romano Prodi e compagnia. In particolare  nei giorni scorsi si è aperto un dibattito su Lanuovabussola: “Per il futuro dell’Europa bisogna davvero rifarsi a De Gasperi, Schuman e Adenauer? C’è chi lo mette in discussione”. Due interventi in particolari, hanno affrontato la questione: Giovanni Formicola (De Gasperi non era alternativo a Ventotene, 3.4.25) Sostanzialmente Formicola sostiene che quello dei padri fondatori cattolici dell’Unione Europea è un mito, la realtà è che il progetto democristiano ha contribuito alla rivoluzione, all’affermazione di un’agenda relativista e laicista. Su questo tema si può vedere un mio studio (Quelle colpe della Democrazia cristiana, 1/15 2002, Corriere del Sud)

L’altro intervento è di Riccardo Cascioli, (C’è un ingiusto pregiudizio anti-democristiano, 3.4.25)Il richiamo ai Padri Fondatori dell’Europa può essere equivoco, ma si deve riconoscere che questa Unione Europea non è l’erede di De Gasperi e soci. E non si può liquidare la storia della DC in quattro battute”. Per il momento intendo soffermarmi sul testo di Formicola che non entra nello “scontro” su Ventotene ma si sofferma sulla “cattolicità”, di Schuman, Monnet, Adenauer e De Gasperi, sulla cosiddetta “divisata”. “In realtà, quei signori – delle cui buone intenzioni non discuto, ma so quale via è lastricata di buone intenzioni – erano cattolici di una specie particolare: erano democristiani, cioè cattolici democratici. A questo proposito Formicola cita Gramsci, che era anche “uno studioso che gli permetteva di scorgere i germi della Rivoluzione ovunque fossero annidati”. Il comunista sardo coglie del cattolicesimo democratico tutta la vena progressista, conformemente alla sua natura di espressione politico-sociale del modernismo teologico: «Il modernismo non ha creato “ordini religiosi” ma un partito politico, la democrazia cristiana» (Gramsci, Quaderni del carcere, II, 1384), cioè, «modernismo significa politicamente democrazia cristiana» (ibid., 1305); «Il cattolicismo democratico fa ciò che il comunismo non potrebbe: amalgama, ordina, vivifica e si suicida. […] Perciò non fa paura ai socialisti l’avanzata impetuosa dei popolari […]. I popolari stanno ai socialisti come Kerensky a Lenin» (Gramsci, I popolari, in L’Ordine Nuovo, anno I, n. 24, 1-11-1919, 286). A questo punto la “Lettera”, fa parlare gli esponenti democristiani a partire da De Gasperi: «Noi ci siamo definiti “un Partito di centro che si muove verso sinistra”» (Intervento al Consiglio Nazionale della Democrazia Cristiana, del 31 luglio-3 agosto 1945), e se non fosse stato chiaro ribadisce, «La democrazia Cristiana [è un] partito di centro inclinato a sinistra, [che] ricava quasi la metà della sua forza elettorale da una massa di destra» (Discorso al III Congresso Nazionale della Democrazia Cristiana, Venezia 2/5-6-1949). Pertanto, è proprio su questa linea che si muoverà, con le parole e i fatti, tutta la classe dirigente democristiana. Un altra cosa sono gli elettori, la base, fondamentalmente venivano ingannati. Peraltro, la Lettera di Formicola non fa riferimento all’ostracismo di De Gasperi nei confronti del vero vincitore delle elezioni del 18 aprile 1948, quel Luigi Gedda che con i suoi Comitati Civici contribuì molto alla vittoria della Dc nei confronti del Fronte Popolare. Leopoldo Elia, più volte parlamentare, ministro ed anche presidente della Corte costituzionale, dirà che «De Gasperi avvertiva il pericolo che fare dell’anticomunismo la ragione dominante della propria fortuna politica poteva alimentare tendenze reazionarie [e non sia mai!]» (L. Elia, Dossetti, Lazzati e il patriottismo costituzionale, in L. Elia e Pietro Scoppola, A colloquio con Dossetti e Lazzati. Intervista di Leopoldo Elia e Pietro Scoppola (19 novembre 1984), il Mulino, Bologna 2003 ,147). Non solo i parlamentari, anche gli intellettuali cattolici democratici come  Pietro Scoppola, ha ulteriormente – ed autorevolmente – confermato questa tesi sull’azione e l’identità politica autentiche della DC: «In sostanza, la Dc ha sempre raccolto un elettorato prevalentemente moderato, che è stato tuttavia coinvolto in una politica prevalentemente diretta (tranne alcune parentesi) ad un ampliamento verso sinistra delle basi di consenso alla democrazia e alla funzione di governo» (ibidem, 132). Un’altra dichiarazione a dir poco farneticante, “estremista” è quella di Ciriaco De Mita: «Quando gli storici si occuperanno di fatti e non solo di propaganda spiegheranno che il grande merito della DC è stato quello di avere educato un elettorato che era naturalmente su posizioni conservatrici se non reazionarie a concorrere alla crescita della democrazia. La DC prendeva i voti a destra e li trasferiva sul piano politico a sinistra» (Corriere della Sera, Intervista all’on. Ciriaco De Mita, 23-8-1999). E ancora le dichiarazioni di un Dc «moderato», un Doroteo doc come Flaminio Piccoli non teme affatto l’ipotesi di un accordo a sinistra. “È dagli anni ’60 – afferma – che la Dc non è più anticomunista. Anzi, se fosse stato per noi il Pci sarebbe rimasto al potere ben oltre la vicenda Moro. Non fummo mica noi a dire basta, sa? Fu Mosca a ordinare a Berlinguer di uscire dal governo…”» (Sebastiano Messina, «Muoviti Dc, il nemico non c’è più», in la Repubblica, 16-3-1990). Per Formicola questa politica democristiana viene da lontano, non è “un effetto di una degenerazione intellettuale di uomini convinti, e perciò spaventati, che il comunismo e il progressismo fossero ineluttabili, e che non si potesse contrastarli, ma si dovesse patteggiare con loro”. No. Il peccato è originale, si trova ne «Il partito popolare italiano […] è nato come un partito non cattolico, aconfessionale come un partito a forte contenuto democratico […] che non prende la religione come elemento di differenziazione politica» (don Luigi Sturzo, Discorso a Verona 16-3-1919), là dove il «forte contenuto democratico», non può significare altro che relativista-laicista, su princìpi e prassi. Quindi, ha solo ragione il pensatore cattolico brasiliano Plinio Corrêa de Oliveira quando afferma che «La Democrazia Cristiana non è altro che un dispositivo ideologico e politico specificamente fatto per trascinare verso l’estrema sinistra uomini di destra e soprattutto centristi ingenui». In conclusione la lettera pone una domanda: possiamo pensare davvero che quei signori avessero in mente di attuare l’autentica Dottrina Sociale della Chiesa, cioè di fondare una restaurata Europa cristiana, non laicista né secolarizzata, bensì soggetta alla regalità sociale di Cristo e che quindi la UE sarebbe un tradimento delle loro idee democristiane, cioè rivoluzionarie?

a cura di DOMENICO BONVEGNA