
di Andrea Filloramo
Lo sappiamo: le persone sono attratte da chi è simile a loro, sia per somiglianza di personalità, valori, background, che per esperienze condivise. Scegliere un amico simile a noi può rassicurarci e aiutarci a sapere come muoverci nella vita. Se questo vale per tutti vale anche per i politici.
E’ nota ed è sotto gli occhi di tutti la vicinanza ideale e programmatica e, quindi, l’amicizia, fra Giorgia Meloni, Presidente del Consiglio italiana e Donald Trump, presidente degli Stati Uniti d’America.
Conosciamo, infatti, gli elogi espliciti che ambedue si sono scambiati, durante la trasferta americana della premier Giorgia Meloni che, a sorpresa, è volata negli Stati Uniti. Destinazione: Mar-A-Lago, residenza privata di Donald Trump a West Palm Beach.
Nessun commento ufficiale, se non una foto diffusa sui social che ritrae la presidente del Consiglio sorridente con The Donald e la scritta: “Bella serata, lo ringrazio per l’accoglienza. Pronti a lavorare insieme”.
E’ questo un post che suona come una risposta alle parole di elogio che Trump ha usato definendo la Melone – secondo quanto raccontato dal Wall Street Journal – “una donna fantastica” che “ha davvero preso d’assalto l’Europa” “In Italia ’c’è una donna meravigliosa come leader”.
Una domanda, a questo punto, è d’obbligo: “chi è veramente Donald Trump, eletto per la seconda volta presidente degli Stati Uniti? Chi è quest’uomo di una certa età, che è infastidito della realtà, che è incapace di sopportare il dissenso, che ha una considerazione eccesiva di sé, che attrae politicamente Giorgia Meloni?”
Le risposte a queste e ad altre domande sulla personalità complessa e atipica di Trump le lasciamo agli psichiatri americani, che come risulta, già da tempo si sono interessati di lui e che sicuramente il nostro Presidente del Consiglio conosce.
A noi particolarmente interessa la sua politica, le cui ricadute sulla nostra vita di ogni giorno possono essere esiziali.
Occorre innanzitutto fare un’osservazione: negli Stati Uniti, il potere economico è strettamente legato a quello politico.
Nel panorama politico non solo statunitense Trump è senz’altro una figura inedita: è un miliardario che ha direttamente occupato il potere politico, divenendo così non solo il presidente degli Stati Uniti, ma anche il simbolo vivente di una politica trasformata in spettacolo, dove la realtà si piega al narcisismo e la verità diventa opzionale.
La sua carriera politica – se così la si può chiamare – è una lunga performance teatrale, spesso più adatta a un reality show che alla guida della nazione più potente del mondo.
Con una retorica incendiaria e una capacità fuori dal comune di seminare divisione, Trump riscrive le regole del discorso pubblico, abbassando il livello del confronto politico a colpi di tweet e slogan vuoti.
La sua forza non sta nelle idee – di cui è notoriamente sprovvisto – ma nella capacità di incarnare un populismo rabbioso, urlato, che si nutre della sfiducia verso le istituzioni e del disprezzo per la complessità.
Costruisce il culto della sua personalità e l’alimenta con fake news, disinformazione e attacchi costanti ai media, alla scienza e a chiunque osi contraddirlo.
E nonostante scandali, inchieste, due impeachment e una gestione pandemica disastrosa, il suo seguito resta fino ad oggi solido.
Non perché abbia qualcosa di concreto da offrire, ma perché rappresenta, per molti, un grido di protesta cieco, un dito medio al sistema.
In sintesi, Trump non è tanto un politico, quanto un sintomo di una democrazia in crisi, vulnerabile al fascino del leader forte e della semplificazione brutale.
Se non si affrontano le cause profonde di questo fenomeno, il “Trumpismo” rischia di sopravvivere al suo stesso fondatore – e questo dovrebbe preoccupare più di ogni altra cosa.
Si spera che preoccupi già da adesso anche Giorgia Meloni che – come sappiamo -è “sotto pressione” dei maggiori partner europei, che le chiedono di “scegliere da che parte stare” nella guerra commerciale transatlantica promossa da Trump.
A descriverla così è il Financial times, secondo cui la premier italiana, “che ha rapporti amichevoli con il presidente Usa”, è però orientata a fare la parte del leone in un blocco di Paesi (tra cui Romania, Grecia e Ungheria) intenzionati a dire no all’attivazione, in risposta ai dazi reciproci di Donald Trump, del cosiddetto strumento anti coercizione.
Si tratta di un aut-aut che non dà scampo a chi dice di amare l’Italia e con essa l’Europa.