Mario Monti conferma di ritenere decisivo il dialogo tra sindacati e governo sulla riforma del mercato del lavoro e sui provvedimenti economici che dovrebbero avviare crescita e sviluppo. Il problema, avverte il premier, è quello di fare in fretta e di distinguere tra dialogo e concertazione.
Entro il 23 gennaio, quando a Bruxelles si riuniranno i ministri dell’Economia e delle Finanze dei paesi che adottano l’euro con all’ordine del giorno le questioni del lavoro e dello sviluppo, il governo italiano dovrà avere pronte le proprie riforme su queste materie. Il che significa che il governo, dopo la consultazione con le parti sociali, prendera’ in autonomia le proprie decisioni. L’attuale esecutivo ritiene perciò superato il metodo della concertazione di inizio anni Novanta quando le misure per far fronte al risanamento dell’economia e all’ingresso nel novero dei paesi dell’Unione europea che adottavano l’euro venivano prese con l’accordo preventivo delle parti sociali. Da lunedì 9 gennaio inizieranno le consultazioni tra governo e sindacati con incontri separati tra Elsa Foriero, ministro del Lavoro, Corrado Passera, ministro dello Sviluppo economico, e i singoli leader sindacali per avviare quella che e’ stata definita una prima fase in cui monitorare le singole proposte. Poi si procedera’ da parte del governo a formulare precise ipotesi di riforma. Ieri Cgil, Cisl e Uil avevano in particolare rivolto un appello al governo per il varo di un piano straordinario del lavoro. ‘Senza concertazione il paese andrebbe allo sbando’, dichiara Raffaele Bonanni, leader della Cisl, che sottolinea come il premier Monti dovrebbe improntare le scelte del governo ‘a un patto trasparente, perche’ mettere la fiducia e non consultare i sindacati susciterebbe un clima torbido’.
Bonanni invita il governo a ‘realizzare un patto con imprese e sindacato’.
Susanna Camusso, segretaria della Cgil, auspica che il confronto con il governo Monti non vada sprecato: ‘Temi in agenda e tempi dell’agenda sono egualmente importanti’. Poi aggiunge: ‘Occorre definire le priorita’, poi aprire tavoli di approfondimento. Per la Cgil le priorita’ possibili sono fisco, crescita, lavoro, produttivita’, pensioni e rappresentanza’. A chiedere di essere consultati nella fase propedeutica che prepara le riforme del mercato del lavoro sono anche i partiti che sostengono l’ esecutivo. In particolare il Pdl, che ha piu’ volte avvertito di ritenere indispensabile il dialogo permanente con il governo. Pure il Pd ritiene utile il confronto preventivo. Per Stefano Fassina, responsabile economico del partito, occorre concentrarsi su ‘crescita e riforma degli ammortizzatori sociali’. C’è intanto un altro problema all’orizzonte per il governo che pur non coinvolgendolo direttamente potrebbe comprometterne la durata. Si è appreso che la Corte costituzionale si pronuncera’ sul referendum elettorale l’11 gennaio, data in cui è stata convocata la Camera di Consiglio sui due quesiti che hanno come obiettivo l’abrogazione dell’attuale legge in vigore dal 2005 che prevede le liste bloccate (senza preferenze a disposizione dell’elettore) e il premio di maggioranza. L’11 gennaio i giudici costituzionali ascolteranno gli avvocati del Comitato promotore, che fa capo a Arturo Parisi e ad Andrea Morrone, poi inizierà la discussione a porte chiuse. La decisione sull’ammissibilita’ dei quesiti potrebbe arrivare nel pomeriggio. Relatore sara’ Sabino Cassese, professore di diritto amministrativo e nominato giudice costituzionale dal presidente della Repubblica. L’obiettivo dei quesiti, qualora fossero accolti dalla Corte costituzionale, puntano al ritorno al cosiddetto Mattarellum che era la legge elettorale in vigore dal 1993. Quelle norme avevano superato il sistema proporzionale con l’introduzione di un sistema misto, in base al quale i seggi della Camera erano assegnati per il 75% con l’elezione di candidati in altrettanti collegi uninominali e per il restante 25% con metodo proporzionale. In caso di parere favorevole della Consulta, il referendum potrebbe essere fissato già per la prossima primavera. A quel punto i partiti sarebbero sollecitati a riaprire il confronto in Parlamento. Si è più volte precisato nelle ultime settimane infatti che la riforma della legge elettorale e’ materia che esula dalle attività di governo. Nell’eventualità di un mancato accordo tra i partiti, potrebbe crescere la tentazione di elezioni anticipate che rinvierebbero la scadenza referendaria di un anno.