‘Ma davvero la Cgil, il Pd e perfino alcuni esponenti del governo pensano che l’intero mondo del lavoro possa essere racchiuso in 4, o al massimo 5, forme contrattuali?’: se lo chiede Avvenire in un editoriale firmato da Francesco Riccardi. ‘Se così fosse – scrive il giornale della Cei – ci sarebbe da tremare, perchè sparirebbero molte tipologie di occupazione non solo garantite da norme chiare e contratti nazionali, ma assolutamente necessarie. Chi insiste, come la Cgil e alcuni giuslavoristi, a sottolineare che attualmente esistono 46 forme contrattuali, gridando allo scandalo, in realtà gioca coi termini e mette nel conto anche le ‘varianti’ di uno stesso contratto’. Al di là della possibilità di ridurre davvero il numero delle forme di contratto, secondo Avvenire si tratta di proposte avanzate ‘senza tener conto delle esigenze delle imprese, che pure di gran parte di quelle forme di lavoro evidentemente hanno bisogno. Anzitutto per questioni organizzative, dettate dall’evolversi della competizione. Il vero nodo – conclude l’editoriale – sta qui: pensare di rispondere in maniera semplicistica a questioni complesse può rivelarsi un azzardo. Semplificare potrebbe, per paradosso, complicare ulteriormente e irrigidire il sistema. Col possibile risultato di limitare drasticamente le già scarse occasioni di lavoro. O, peggio, tornare ad allargare l’area del lavoro nero’.