"Il 50% dei distributori stradali di carburanti (11.500 su 23.500) è di proprietà di piccole e medie aziende italiane, i cui imprenditori hanno dato vita al fenomeno delle “pompe bianche”, iscritte a Assopetroli-Assoenergia – Confcommercio". Afferma Franco Ferrari Aggradi che di Assopetroli Assoenergia è il presidente. "La bozza di provvedimento sulle annunciate liberalizzazioni – aggiunge Aggradi – predisposta dal governo prevede, tra le misure che ad una prima analisi appaiono discutibili sotto il profilo degli effetti di contenimento dei costi del carburante e devastanti sotto il profilo della tenuta del sistema, un taglio del 50% dell’obbligo di rifornirsi in esclusiva e di conseguenza una riduzione dei ricavi per il titolare pari al 50%, fermi restando a suo carico tutti i costi operativi. Il documento, prevede inoltre che i gestori (n.b. non il gestore dell’impianto ma più genericamente i gestori) o altri soggetti imprenditoriali fuori settore!! possano “riscattare”!! il 33% degli impianti da ogni attuale proprietario a prezzi che saranno stabiliti dall’Autorità dell’Energia e del Gas. Le conseguenze per le aziende nostre associate sarebbero devastanti. Non è pensabile che ad un’azienda vengano tolti per legge, praticamente senza possibilità di scelta e confronto come sarebbe logico in un paese civile e democratico, metà dei ricavi ed un terzo degli asset (probabilmente a prezzi di saldo) senza provocare il suo default. Al di là delle considerazioni giuridiche e dei profili di incostituzionalità e dell’enorme contenzioso in Italia ed in Europa che si determinerebbe, è inverosimile che un soggetto costruisca a sue spese un impianto carburanti, lo debba affidare per legge in uso gratuito ad un gestore avendo come solo scopo di vendere i propri prodotti, sostenga tutti i relativi costi operativi (affitti, canoni accessi, manutenzioni, adeguamenti tecnologici, pubblicità, campagne commerciali ecc.), per poi veder vendere dal proprio impianto prodotti forniti da altri che evidentemente, non avendo da sostenere quei costi, trarrebbero un vantaggio indebito, che è tutto da dimostrare che possa effettivamente essere trasferito ai consumatori. La questione del “pieno più caro d’Europa” non si affronta con misure dirigiste camuffate da liberalizzazioni. Lo Stato incamera il 60% del prezzo finale della benzina, contro il 30% della componente industriale, e ‘appena’ il 10% della distribuzione, che è la sola colpita dal provvedimento. Anche l’ipotetica riduzione del 10% di questo ultimo anello della filiera, consentirebbe di ridurre i costi complessivi, e (forse) i prezzi alla pompa, di un misero 1% ma a quale prezzo per il sistema. La distribuzione italiana ha bisogno della riforma appena varata e ancora da attuare: l’art. 28 della manovra di luglio 2011. E’ la modernizzazione possibile che garantisce da sé prezzi di vendita (al netto delle tasse) in linea con quelli europei e, in alternativa, ci sono solo le regole europee che cancellerebbero i plus del modello distributivo italiano (capillarizzazione dell’offerta, possibilità di scelta tra rifornirsi o farsi rifornire). Chiediamo perciò un incontro urgente con Il presidente del Consiglio Mario Monti – conclude Ferrari Aggradi – perché non si può liberalizzare il mercato uccidendo le imprese e le famiglie che da esse traggono sostegno economico e producono ricchezza per il paese. Liberalizzare significa anche comprendere e capire il mercato su cui si interviene e essere sicuri degli effetti prodotti. E non mi sembra che le liberalizzazioni fatte in passato abbiano portato beneficio ai consumatori, in alcuni casi tutt’altro."