A cento anni esatti dalla tragedia del Titanic, assistiamo a un copione già visto. Anche nell’incidente della Costa Concordia, la troppa sicurezza e la presunzione sembrano essere le caratteristiche umane dominanti. Nel caso del Titanic il comandante, Edward Smith, spinse la nave a grande velocità, non curandosi delle segnalazioni iceberg da parte di altre imbarcazioni. Il comandante della Concordia, Francesco Schettino, invece sembra aver ignorato le carte nautiche che segnalavano la presenza di scogli.
Me se Edward Smith, voleva stupire il mondo, attraccando a New York in anticipo rispetto alla tabella di navigazione, non si capisce quale scopo avesse Francesco Schettino di avvicinarsi così pericolosamente alle coste dell’isola del Giglio. Inoltre Smith non abbandonò vigliaccamente la nave che affondava, a differenza del suo collega Schettino, visto già a riva (in salvo) mentre erano ancora in atto le operazioni di evacuazione dalla nave. E non si tratta certo di dettagli trascurabili, certi comportamenti evidenziano la differenza di caratura morale tra i due comandanti.
La tragedia della Costa Concordia era certamente evitabile, invece ci troviamo ancora una volta a contare i dispersi. Oltre al danno umano, bisogna valutare anche l’impatto di natura ambientale. Mentre il Titanic s’inabissava nei fondali dell’oceano Atlantico, il relitto della Concordia finirà, con buone probabilità, nelle acque del mar Tirreno; a circa 70 metri di profondità. Ultimo ma non trascurabile il danno economico, che potrebbe indurre i crocieristi extracomunitari a cambiare modificare l’itinerario delle prossime vacanze. Auguriamoci almeno che questa sia l’ultima volta in cui dovremo assisteste a tragedie navali figlie dell’imperizia e della troppa sicurezza, che spesso albergano nell’animo umano.
Fabrizio Vinci, vinci@usa.com