A illustrare il meccanismo di ‘restringimento cerebrale’ a causa forti emozioni negative in persone peraltro sane mentalmente e fisicamente, è un nuovo studio Usa pubblicato sulla rivista ‘Biological Psychiatry’. Eventi stressanti intensi quali un divorzio o la perdita del lavoro, ma anche tensioni croniche profonde e veri e proprio traumi sarebbero in grado da far scattare nelle vittime un tangibile rimpicciolimento del cervello. La diminuzione avviene nella materia grigia nell’area cerebrale che controlla le emozioni,e regola quindi anche la pressione sanguigna e persino il livello di zuccheri: la corteccia prefrontale. La ricercata firmata dalla neurobiologa del’università di Yale Rajita Sinha, ha esaminato 103 volontari tra i 18 e i 48 anni: tutti in buona salute i partecipanti hanno risposto a questionari sugli eventi gravemente stressanti occorsi durante la loro esistenza e si sono sottoposti a risonanza magnetica del cervello. Il rapporto rivela risultati chiari: la materia grigia è risultata rimpicciolita nell’area della corteccia prefrontale di chi aveva subito traumi in particolare tra le vittime di abusi. Anche per tali ragioni Giovanni D’Agata, componente del Dipartimento Tematico Nazionale "Tutela del Consumatore" di Italia dei Valori e fondatore dello "Sportello dei Diritti", sottolinea come a causa della recessione che ha significato per molti italiani la perdita del posto di lavoro, l’avvio alla cassa integrazione, la chiusura di aziende un tempo solide, si è registrato un maggior consumo di farmaci ansiolitici. Lo dimostra il dato che ci segnala come nell’ultimo anno il consumo di tali sostanze farmacologiche sia aumentato di almeno l’11%. Il numero di persone che devono fare i conti con attacchi di ansia è aumentato vertiginosamente con la crisi e il fenomeno riguarda soprattutto gli uomini, decisamente più vulnerabili delle donne di fronte all’argomento lavoro. Un maschio su sette, dopo aver perso il lavoro, soffre di depressione, e un’altra quota significativa accusa attacchi di panico e ansia per la precarietà lavorativa.