I costi di gestione dei taxi italiani sono i più elevati tra i grandi Paesi dell’Unione Europea: il gasolio per autotrazione costa quasi il 16 per cento in più, il peso della pressione tributaria (ovvero, le imposte, le tasse e i tributi sul Pil) è superiore di 3 punti percentuali; l’assicurazione dell’autovettura costa addirittura il 58 per cento in più; mentre l’aumento medio del listino prezzi delle autovetture registrato nell’ultimo anno è stato superiore del 2,7 per cento. A denunciarlo è la CGIA di Mestre che ha preso in esame 4 voci di spesa che incidono non poco sull’attività di un taxista. I confronti sono impietosi soprattutto quando la comparazione avviene con la Germania: i taxisti di casa nostra pagano 0,246 euro in più un litro di gasolio; 6,4 punti percentuali in più di tasse; 185 euro in più all’anno per assicurare l’automezzo. In merito alle motivazioni che hanno portato la categioria dei taxisti a manifestare duramente contro il Governo Monti, il segretario della CGIA di Mestre, Giuseppe Bortolussi, dichiara: "Riteniamo che tutti i processi di liberalizzazione dovrebbero avere come obbiettivo quello di ridurre i costi a carico dei consumatori e migliorare le condizioni generali di mercato. In queste ultime settimane, invece, ci è parso di capire che la deregolamentazione cui il Governo dara’ luogo nei prossimi giorni, verrà usata come strumento per ‘colpire’ alcune categorie di operatori economici che non godono di un particolare consenso presso l’opinione pubblica.
Possibile che i problemi dell’economia italiana siano i taxisti, i proprietari dei chioschi lungo le spiagge, gli edicolanti e i farmacisti? E’ vero che da qualche parte bisogna pur cominciare, ma perchè iniziare dalla ‘coda’ se è palese a tutti che bisogna intervenire sulle assicurazioni, sulle banche e sul settore energetico ?"