L’Italia scivola di 12 posizioni nella classifica sulla libertà di stampa nel mondo stilata da Reporter senza Frontiere, che ha oggi reso noto il suo ultimo rapporto. Negli ultimi due anni il Paese si era piazzato al 49esimo posto, ora è 61esimo, subito dopo Bosnia-Erzegovina e Guyana e prima di Repubblica centroafricana, Lesotho e Sierra Leone. "L’Italia, che ha ancora circa una dozzina di giornalisti sotto protezione – si legge nel rapporto – con le dimissioni di Silvio Berlusconi ha da poco voltato pagina dopo molti anni di conflitto d’interesse. Ciò nonostante il basso posizionamento in classifica porta ancora i segni del vecchio governo, soprattutto per il nuovo tentativo di introdurre una ‘legge bavaglio’ e per l’intenzione di filtrare arbitrariamente i contenuti delle Rete. Entrambe le proposte, in extremis, sono state abbandonate".
Al primo posto si confermano Finlandia e Norvegia, seguite da Estonia, Paesi Bassi e Austria. Fra le novita’, l’ingresso nella top-20 di Capo Verde e della Namibia, "due Paesi africani dove non sono stati registrati tentativi di ostacolare il lavoro dei media", si legge nel rapporto. Male gli Stati Uniti (47esimi), scesi di ben 27 posizioni per gli arresti dei giornalisti avvenuti in occasione delle proteste del movimento "Occupy Wall Street".
"All’interno dell’Unione europea – scrive Rsf – la classifica riflette una continuazione della gia’ marcata distinzione tra Paesi come la Finlandia e i Paesi Bassi, che hanno sempre ottenuto una valutazione molto positiva, e Paesi come la Bulgaria (80esimo), la Grecia (70esimo) e l’Italia (61esimo) che non sono riusciti ad affrontare la questione delle violazioni delle liberta’ dei media, soprattutto a causa della mancanza di volonta’ politica". Non mancano quelli che vengono definiti "piccoli progressi" da parte della Francia (dalla posizione 44 alla 38), della Spagna (39esimo) e della Romania (47esimo).
Contrastanti invece i risultati prodotti dalle rivolte arabe, con la Tunisia e il Bahrain ai due estremi opposti: la prima (al 134esimo posto) è salita di 30 posizioni, il secondo (173esimo) è sceso di 29 posizioni a causa dell’inarrestabile giro di vite sui movimenti di protesta. Mentre la Libia (154esima) sembra aver voltato pagina dopo l’era Gheddafi, l’Egitto (166esimo) e’ sceso di 39 posizioni perche’ il Consiglio Supremo delle Forze Armate (Csfa), al potere dallo scorso febbraio, ha vanificato le speranze dei democratici portando avanti le stesse condotte della dittatura di Mubarak. Stesso discorso per la Siria (176esima), ulteriormente scesa in classifica a causa di una censura totale, sorveglianza diffusa, violenza indiscriminata e manipolazione del governo.
Ma quello appena trascorso e’ stato un anno terribile, ricorda Reporter senza frontiere, considerato che la parola-chiave del 2011 e’ stata repressione. "I risultati della classifica sono molto influenzati dalle repressioni delle proteste Siria, Bahrain e Yemen, così bassi in classifica – ha dichiarato l’organizzazione, presentendo il rapporto -. Molti mezzi d’informazione hanno pagato a caro prezzo la loro copertura mediatica delle aspirazioni democratiche o dei movimenti di opposizione. Il controllo delle notizie e delle informazioni continua a rappresentare una sfida per i governi e a essere motivo di sopravvivenza per i regimi repressivi e totalitari. L’anno appena trascorso ha anche messo in luce il ruolo fondamentale giocato dagli internauti nel produrre e diffondere le notizie".