La tragedia delle carceri è sotto gli occhi di tutti, e ora, giustamente, si discute di invertire la rotta, di uscire dall’esasperato panpenalismo, mediante delle non facili operazioni di depenalizzazione. Lo dichiara in una nota Giuseppe Maria Meloni, presidente di Clemenza e Dignità. Tuttavia, – prosegue – oltre alla fuoriuscita dall’alveo del penale, è opportuno sottolineare che nel tempo si è sedimentato anche un rapporto non propriamente corretto tra le norme primarie che descrivono i comportamenti ritenuti illeciti e quelle secondarie o sanzionatorie. Queste ultime – spiega – dovrebbero avere una funzione residuale, un ruolo meramente secondario ed eventuale rispetto alle prime. In sostanza, – rileva – le norme sanzionatorie, dovrebbero essere di mero supporto alle norme primarie, dovrebbero essere quelle norme che garantiscono solo l’osservanza delle norme principali. Il ragionamento corretto, – sottolinea – dovrebbe quindi essere: se realizzi questo particolare tipo di comportamento sarai punito. Ora, invece, – continua – probabilmente complice un potente senso di insicurezza, si è largamente imposta la seguente mentalità corrente, così riassumibile: se sei punito, allora hai commesso un illecito. Questo modo di ragionare, questa visione del diritto quale strumento esclusivamente di forza, – osserva – ci sta portando quasi a banalizzare la portata ed il significato delle norme primarie, per conferire, invece, anche nelle tecniche di redazione legislativa, grande rilevanza alle norme sanzionatorie, come se fossero esse il fulcro dell’ordinamento, come se fossero esse stesse delle norme primarie.” “Tuttavia, – continua – perdendo di vista le norme principali a monte, si perde del tutto di vista, così come sta attualmente accadendo per le carceri, anche il comune senso della proporzione e della graduazione della punizione che invece ci viene agevolmente fornito dalla concreta rilevanza sociale di quanto descritto nella norma primaria o precettiva.” “Il nostro modo di ragionare – conclude Meloni – assomiglia per certi versi alla “Reine Rechtslehre”, o Dottrina pura del Diritto di Hans Kelsen, laddove l’illecito non è direttamente identificabile mediante le norme primarie o precettive, non è pertanto un fatto in sé antigiuridico, e conseguentemente viene punito dall’ordinamento, ma esclusivamente come un fatto che soltanto in quanto punito è in grado di essere definito antigiuridico.”