Enza Fornero ce l’ha in testa dal primo giorno in cui si è insediata quale ministro del welfare del governo Monti. L’ha chiamata "Salario Minimo Garantito" ed è la sua idea per riformare il sistema degli ammortizzatori sociali. Un’idea che persino i Sindacati e Confindustria, pur essendo sostenitori di questo governo tecnico, hanno contestato. Questa del Salario Minimo Garantito è storia vecchia. In Sicilia, negli anni ’80, la peggiore partitocrazia di sinistra e di centro la partorì in maniera spregiudicata. Migliaia di ragazzi intorno ai 20 anni furono "infilati" in sovrannumero in tutti gli enti pubblici possibili e immaginabili. Per loro nessuna formazione, nessuna remunerazione decorosa, nessuna qualificazione seria. Nei piani di chi li volle c’era solo la volontà di fare consenso (meglio chiamarla clientela). Dicevano che questa misura avrebbe eliminato la disoccupazione invece servì solo per bieco assistenzialismo. Quell’assistenzialismo impoverì le casse della regione e atrofizzò pian piano la volontà di quei ragazzi. Un’intera generazione fu illusa e violentata nella dignità. Oggi essi hanno mediamente 45 anni, in qualche caso si sono depressi e hanno dato pochi contributi alla crescita degli enti dove lavorano; in molti altri casi però sono diventati autentiche colonne portanti delle loro amministrazioni. Ma in entrambi i casi il risultato economico è stato disastrosamente identico, visto che attualmente guadagnano più o meno, 700 euro al mese.
Ecco quale mostro ha saputo generare il compromesso storico e culturale di tipo ideologico ed egualitarista in salsa siciliana. Povertà economica e culturale in nome non del lavoro, ma del "posto" di lavoro. In Italia, specialmente al Sud, sono ormai 40 anni che le intelligenze vengono mortificate con questa mentalità secondo cui lo stato deve intervenire con “concessioni e cure di mantenimento per povertà di lungo periodo” (XI Rapporto Caritas sulle povertà).
Tale comportamento culturale ha di fatto “mantenuto” le povertà e non ne ha consentito l’affrancamento, per cui il diritto al lavoro, all’educazione e persino a farsi una famiglia sono andati a farsi benedire. Nel 2010 dice sempre il Rapporto Caritas, solo il 57% dei cittadini ha un lavoro regolarmente retribuito (la % più bassa dell’occidente), il 14% circa è povero (oltre alle famiglie numerose, sono in aumento anche quelle che dipendono da un lavoratore autonomo), e in futuro questa percentuale aumenterà visto che gli attuali quarantenni quando andranno in pensione nel 2035, prenderanno al massimo 600 Euro. Perchè tutto questo ? Perchè in tanti continuano a propinare queste ricette nonostante i tristi risultati? “Erogare contributi economici non fa uscire dal disagio ma lo rende cronico, tant’è che nonostante le risorse siano aumentate sempre più, gli italiani poveri non sono calati“, dice sempre il Rapporto. E siccome i poveri, oltre a costare tanto, aumentano ogni anno di più, non dovrebbe essere difficile capire che le politiche di contrasto alla povertà di stampo assistenzialistico sono tutte sbagliate. Il governo Monti attraverso la Fornero continua a proporre regalie, tipo Reddito Minimo, per tenere buoni i giovani, quando dovrebbe mettere in pista autentiche politiche familiari. Tutti i modelli economici di sviluppo e di crescita, da Solow a Keynes (che non dovrebbe essere distante dalla Fornero) fanno riferimento alla “crescita della popolazione” per l’aumento della produttività, del risparmio, degli investimenti. Senza contare che i costi sociali del welfare (sanità e pensione su tutto) con una popolazione più giovane sarebbero destinati a ridursi. Che cominci una volta per tutte un serio dibattito sul “fattore famiglia” (il vecchio “quoziente familiare” riveduto e migliorato) è oggi assolutamente indispensabile . E per amor di Dio, c’è qualcuno in Italia che lo possa far capire anche alla Fornero ?!
Alessandro Pagano