A Messina c’è una corrente di pensiero che vorrebbe far passare la tesi che nello sport sia poco onorevole far uso degli atleti non locali, tanto da distinguere tra “messinesi veri e messinesi falsi”. E l’ufficio stampa dell’Amatori basket – militante in C1 maschile – quasi a voler dar ulteriore conferma alla tesi, scopre che tra le tante formazioni partecipanti ai vari tornei la rosa a disposizione di coach Ciccio Anselmo – siciliano di Polizzi Generosa – risulta essere composta interamente da atleti locali, “forse un unicum nei campionati nazionali”. La riflessione che viene naturale è: perché questa forma di protezionismo del messinese doc, perdonateci, che a noi pare di diversa tolleranza dell’altro considerato straniero? Perché, a qualunque costo boicottare, e spesso denigrare, un giocatore nativo di una città diversa da Messina? Siamo diventati per assurdo dei razzisti o è solo colpa dei successi del Cus Messina – formazione maschile militante nella C2 – (19 vittorie su 19 gare disputate, compresa la conquista della Coppa Sicilia), che, guarda caso, dispone tra le sue fila, due giocatori stranieri (Juan Carlos Rivero e Abdul Mumuni)? Ma è davvero incredibile che oggi si urli alla messinesità quando nel recente passato lo straniero era il simbolo, nello sport come nella vita, di una emancipazione sociale senza eguali. E che lo faccia persino l’Amatori basket è paradossale quasi a voler rinnegare il suo prestigioso passato quando, grazie a due ottimi atleti argentini, fece il salto di categoria. Questa lettura dei fatti potrà sembrare personale, ma potrebbe avere interessanti sviluppi terapeutici: quando siamo allegri e senza pericolosi rivali spesso si ha paura che le cose possano cambiare, volgere al peggio. Allora ci si guarda alle spalle e se chi sta arrivando, risulta più competitivo, si diventa tristi. Ma a quanto pare questa manifesta infelicità colpisce diversi settori se ancora c’è chi si ostina a non riconoscere la “messinesità” del Cus allenato da Pippo Sidoti che avrà pure due stranieri in squadra (Rivero e Mumuni), come molte delle formazioni più forti della C2 – è il regolamento della Federazione che lo permette – ma è per il resto formato da messinesi, molti dei quali giovanissimi (‘93 e ’96): se Antonio Fazio lo è per l’ufficio Stampa dell’Amatori come lo stesso coach Anselmo, perché non può esserlo Carlo Contaldo che vive ed è sposato con una ragazza di Patti o Daro Gullo, Carmelo Ettaro e lo stesso tecnico Sidoti? Dobbiamo dire che questo paradossale equivoco tra Messina e messinesità è una delle possibili spiegazioni sul perché la città non riesca a produrre cose buone in molti settori, impresa compresa. C’è la paura del confronto, della libertà di mercato proprio quando il Paese intero invoca liberalizzazioni per crescere e dare sviluppo per superare la crisi. Ma a Messina si continua a propagandare assistenzialismo e protezionismo quasi a voler tenere fuori dalla comunità coloro che ci fanno paura, perché più bravi o semplicemente innovatori. Così, più che la messinesità si vuole tenere in vita la pigrizia, l’ignoranza, a discapito di conoscenza e cultura, in questo caso sportiva. Ricordiamo a quanti ancora si ostinano a chiudere gli occhi che solo con il confronto, con la concorrenza, si diventa tutti migliori: nella vita come nel basket. Non a caso l’Amatori dei messinesi doc, per dirsi grande e fare il bel campionato che nessuno gli vuol negare, si è dovuta affidare a un siciliano di Polizzi Generosa. E i reclamizzati d – istruttori locali? Se ne riparlerà in un’altra vita.