In un recente comunicato la Confartigianato, prendendo in esame ben sessantotto mestieri, ha rilevato che in Italia esistono alcune figure professionali pressoché introvabili come gli installatori di infissi e serramenti, i panettieri, i pastai, i tessitori, i gelatai, i sarti, i parrucchieri, i cuochi, i saldatori e altri. Di pari passo, Paola Mastrocola, nel suo Togliamo il disturbo, edito da Guanda denuncia una certa abitudine ormai consolidata tra i genitori di far frequentare a tutti i costi la scuola, (magari il liceo) e poi l’università, ai propri figli. La tesi della Mastrocola è chiara: lo studio è una scelta, non un obbligo. "Non tutti vogliono studiare. Non tutti nascono soldati o sacerdoti o studiosi. C’è anche chi nasce fabbro, panettiere, meccanico, fotografo. Perché torciamo i giovani? Perché obblighiamo tutti a studiare?” In questo modo sbagliamo due volte perchè anche chi è realmente vocato allo studio, talvolta con questa <<scuola di massa>> viene disincentivato a farlo. La Mastrocola è perentoria: “bisognerebbe dare ai giovani la libertà di non studiare. Se non vogliono farlo, che non lo facciano”, cioè occorre superare l’equivoco della scuola dell’obbligo. In passato ciò aveva un senso perché c’era il gravissimo problema dell’analfabetismo, bisognava aiutare i ragazzi delle famiglie meno abbienti, “con l’istruzione avrebbero potuto migliorare le proprie condizioni future, accedendo a professioni migliori rispetto a quelle dei padri”. L’idea era buona! Ma oggi bisogna fare chiarezza: “una cosa è l’obbligo scolastico (o formativo che dir si voglia), un’altra cosa è l’obbligo, tutto nuovo, tutto neo-global-capitalistico, di andare al liceo, all’università", e poi tutti diventare sociologi, esperti in comunicazione, avvocati, etc etc. “Oggi il panorama è cambiato. Noi pensiamo sempre alla scuola come a una opportunità per i poveri, deboli e svantaggiati”. Non è più così, “una volta era lo Stato che obbligava le famiglie a mandare i figli a scuola, adesso è la famiglia che ‘obbliga’ i propri figli ad andare controvoglia a scuola”. Un secondo macigno che la professoressa torinese invita a superare è il vilipendio del lavoro manuale. Molti pensano che il lavoro manuale, artigianale, tecnico-pratico, sia cosa vile, umiliante, degradante. In pratica c’è l’idea che “se un ragazzo invece di andare al liceo va a fare pratica in una falegnameria, sia un mediocre”. Ma tutto questo non basta, occorre che avvenga una rivoluzione nella nostra testa. “Dovremmo recuperare stima e ammirazione per chi è capace di costruire un tavolo, assistere un anziano, tagliare un vestito, rieducare un arto, produrre un cioccolatino, riparare un motore, un computer, un ferro da stiro”. Paradossalmente per la Mastrocola, proprio oggi che tutti studiano, quasi nessuno è più capace di studiare. E così ci ritroviamo ragazzi non preparati culturalmente e quindi neanche pronti al lavoro, ma solo al "posto di lavoro". Da queste scuole sforniamo i “qualcosisti” come li chiama Giuseppe De Rita: “sono i nostri giovani, un intero esercito di persone che hanno studiato ‘qualcosina’ fino a venticinque anni e alla fine non sanno niente a volte non sanno neanche che cosa hanno studiato a fare”. Dobbiamo dire grazie a gente come la Mastrocola perchè ha fatto ripartire il dibattito sui nuovi percorsi di studio. Nobilitare le nostre scuole tecniche, professionali e artigianali è ormai molto di più che un semplice obiettivo.
Alessandro Pagano – Domenico Bonvegna