Sono ben 14.246 i servizi sanitari, sociosanitari e socioassistenziali gestiti direttamente o indirettamente collegati con la Chiesa: un contributo che riflette il ruolo della Chiesa nel sistema sociale dell’Italia e che emerge dal ‘Censimento 2011 delle opere della Chiesa’, curato dalla Consulta nazionale ecclesiale dei servizi socio assistenziali e dall’Ufficio nazionale pastorale della sanita’ della Cei, i cui risultati sono stati anticipati questa mattina durante il convegno in Campidoglio sul volume ‘Per carità e giustizia: il contributo degli istituti religiosi alla costruzione del welfare italiano’. Le ‘opere’ sociali della Chiesa sono aumentate di quasi un terzo nel giro di un decennio – erano 10.938 nel 2000 – e sono concentrate in gran parte al Nord: il 47,9% del totale, contro il 23,6% del Centro e il 28,6% del Sud e delle Isole. I servizi censiti dallo studio sono in larga maggioranza di tipo sociosanitario e socioassistenziale (13.298) mentre 916 sono i servizi di tipo sanitario, tra cui 141 ambulatori, 122 ospedali, 109 centri di riabilitazione e 19 hospice per pazienti terminali. Circa i due terzi dei servizi (62,4%) hanno carattere non residenziale – un trend in crescita, dato che il 70% dei servizi nati negli ultimi 20 anni sono di carattere non residenziale. Ben 4.615 nuovi servizi sono sorti nel decennio 2000/2009, mentre 3.278 risalgono al decennio precedente: quasi i due terzi hanno quindi meno di venti anni. Tra le tipologie di servizio offerto, per le persone anziane c’e’ una forte presenza di case di riposo (1.422 in totale, il 20% del totale dei servizi residenziali), anche se non mancano le risposte innovative (case famiglia, gruppi di appartamenti, centri diurni, centri di assistenza domiciliare). Quanto ai servizi dedicati ai minori, alle famiglie in difficoltà, agli immigrati, alle nuove poverta’, sono prevalenti le risposte più ‘personalizzate’ (reti di assistenza domiciliare, centri diurni, centri di ascolto, ‘avvocati di strada’ ecc.). La maggior parte delle opere censite è destinate a diverse categorie di ‘bisogni’, mentre il 12,9% dei servizi e’ rivolto esclusivamente agli anziani, il 10,7% ai minori, 10,2% alle famiglie, il 2,6% alle persone senza fissa dimora e il 2,5 agli immigrati.