Dell’Utri, Berlusconi: 19 anni di gogna

"’Diciannove anni di sofferenza e gogna, incredibile’. Così ieri Silvio Berlusconi ha commentato su Facebook la sentenza con cui la Cassazione ha annullato la condanna dell’ex numero uno di Publitaliae senatore Pdl Marcello Dell’Utri per concorso esterno in associazione mafiosa". Lo riporta REPUBBLICA insieme al commento del segretario Pdl Angelino Alfano "che ha condannato le parole ‘del partito dei magistrati’ definendole ‘violente’. ‘La magistratura è divisa in partiti che per eufemismo si chiamano correnti, ma sono correnti che fanno congressi e che hanno iscritti". Un attacco che il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia, una delle voci piu’ critiche nei confronti della requisitoria del pg della Suprema Corte Iacoviello, non lascia cadere nel vuoto.
Non c’e’ alcun partito di giudici ma solo la necessità di ‘uscire dalle sterili polemiche politiche gridate’ – ribatte Ingroia utilizzando le stesse parole di Alfano -. Nessuno puo’ cancellare le sentenze. Tutti i provvedimenti giudiziari possono e devono essere soggetti a critiche che sono legittime quando sono argomentate. Non si puo’ dire la stessa cosa con gli insulti e gli attacchi sguaiati che spesso vengono rivolti ai magistrati della pubblica accusa"

Chi prova ad uscire dal terreno minato delle polemiche e’ il presidente del Senato Schifani che dice: "E’ giunto il momento che il Parlamento tipicizzi questo reato, che non e’ scritto nel nostro codice. Significa inserirlo nel codice e fissarne i connotati, se il parlamento lo facesse farebbe un grande passo in avanti". Schifani invita ad abbassare i toni.
E non concorda con quanti, come Ingroia, hanno letto nella sentenza della Cassazione una sconfessione del metodo di Giovanni Falcone. "Spero che si sbagli. Il metodo Falcone vuol dire il metodo del concorso esterno, ma quel metodo e’ stato confermato da sentenze delle sezioni unite della Cassazione che l’ha confermato come fattispecie criminosa anche sul caso Mannino".

A dar voce a Ingroia è LA STAMPA, che lo intervista a pagina 21: "’Mi permetta di dire che il problema qui non e’ il reato, ma l’imputato. Certo tipo di imputati. Quando si toccano i potenti, vedo che le polemiche tornano incandescenti’. Procuratore Ingroia, intende forse dire che non ha visto altrettanto accaloramento per altri casi di ‘concorso esterno’? ‘Mi limito a dire che a Palermo abbiamo processato diverse persone per "concorso esterno" all’associazione mafiosa. In carcere con condanna definitiva ci sono politici di rango locale, piccoli amministratori, professionisti. E certo non s’e’ determinato nella politica nazionale questo dubbio atroce’. (à) ‘La verita’ e’ che questa e’ materia incandescente. Come dicevo, il problema non e’ il reato, ma l’imputato. Nel caso Andreotti, il reato non era il ‘concorso esterno’, ma l’associazione mafiosa vera e propria, e non e’ che le polemiche siano venute meno. E poi, premesso che con l’attuale governo si vive finalmente in un clima di maggior serenita’, e che certi scontri si sono leggermente acquietati, come si vede, non appena si torna a toccare certi nomi la polemica e’ garantita. Sarei facile profeta nell’immaginare che se il Parlamento dovesse aprire il dibattito, addio clima sereno e costruttivo…’.

Fin qui, la politica. Anche la magistratura, pero’, e’ divisa al suo interno sull’uso del ‘concorso esterno’. ‘E’ noto che ci sono stati dibattiti, pure accesi, anche dentro la procura di Palermo. Sul caso Cuffaro, ad esempio. Ma quella era una vicenda molto peculiare. In astratto erano percorribili due strade, il "favoreggiamento" e il "concorso esterno". Io ero per il "concorso esterno". Altri colleghi, e il capo dell’ufficio dell’epoca, la pensarono diversamente. Alla fine la loro scelta e’ stata premiata. Ora, a parte che non c’e’ controprova su come sarebbe andata se si fosse seguita la mia impostazione, ripeto che quella vicenda era molto specifica e non e’ trasferibile ad altri altri casi. Nel processo Dell’Utri, per essere espliciti, non ci sono le condotte del favoreggiamento. Il senatore non e’ accusato di aver favorito l’impunita’ di qualcuno, ma di essersi adoperato a favore dell’organizzazione mafiosa. Nel suo caso noi avevamo davanti un altro tipo di scelta: se procedere oppure no. Secondo la procura, il gip di Palermo, la corte di primo grado, e anche la corte d’appello, i motivi per procedere c’erano’".