Riforma lavoro, 10 giorni per l’intesa. Camusso contraria

Dieci giorni per l’intesa sul lavoro. Il ministro Elsa Fornero indica il round finale "entro il 21-23 marzo", anche se i sindacati ieri hanno contestato parte del pacchetto. Camusso: passo indietro. Dal 2015 gli attuali ammortizzatori sociali saranno sostituiti con una "assicurazione sociale per l’impiego" sul modello tedesco con una aliquota contributiva dell’1,3 per cento solo a carico dell’azienda. Arriva poi l’assicurazione sociale per l’impiego (Aspi), il tetto a 1.119 euro.
L’indennità durerà 12 mesi (18 per chi ha 55 anni). Il governo, commenta il SOLE 24 ORE, segna "un’altra croce sul calendario della concertazione e annuncia che la stretta s’avvicina per garantire all’Italia un riassetto del mercato del lavoro disegnato per garantire un calo del tasso di disoccupazione del 4-5 per cento. Ieri il ministro Elsa Fornero, nel corso del sesto incontro in ‘plenaria’ convocato nella sede del ministero di via Flavia dopo lo stop dell’ultima settimana, ha detto che la riforma dev’essere approvata ‘tra il 21 e il 23 marzo’ e che il nuovo sistema degli ammortizzatori sociali partira’ gradualmente gia’ da quest’anno per entrare a regime nel 2015, non più nel 2017. A confermare la volonta’ forte di rispettare i tempi c’e’ gia’ la data della prossima convocazione: sara’ lunedi’ prossimo a palazzo Chigi e partecipera’ anche il presidente del Consiglio, Mario Monti". "Voglio tutti dentro un buon accordo", ha detto a imprese e sindacati – scrive LA REPUBBLICA – Elsa Fornero, ma senza fornire alle parti l’indicazione che piu’ si aspettavano: quella sul come trovare le risorse per coprire i nuovi ammortizzatori. Ha assicurato che il governo "si impegna a trovare le risorse al di fuori dei capitoli di spesa sociali". Indicazione, spiega il quotidiano diretto da Ezio Mauro, che non ha soddisfatto per niente i sindacati. "Sul tavolo esiste un problema di costi, non sono stati nemmeno quantificati", ha detto il leader della Uil Angeletti. Ma i malumori vanno oltre. La definizione di quella che sara’ la nuova rete di ammortizzatori suscita perplessita’ nella Cisl e non convince per niente la Cgil. Ma perche’, si chiede il CORRIERE DELLA SERA, "tutti guardano al ‘modello tedesco’ quando si invoca in Italia una maggiore flessibilita’ e si propone una riforma dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori che prevede la possibilita’ di essere reintegrati con lo stesso trattamento di cui si godeva in precedenza? ‘La grande differenza tra la Germania e l’Italia e’ che il datore di lavoro e il dipendente licenziato si accordano nel 95 per cento dei casi per un indennizzo che viene valutato in base all’anzianita’ del lavoratore: un mese di stipendio al massimo ogni anno trascorso in azienda, molto meno di quanto questo indennizzo viene calcolato in altri Paesi europei’, spiega al Corriere Jochen Homburg, uno dei dirigenti del sindacato dei metalmeccanici Ig Metall". Sull’articolo 18, comunque, le posizioni sono ancora lontane. Il governo, spiega sempre il quotidiano di via Solferino, "sembra orientato a restringere ai soli licenziamenti discriminatori l’obbligo di reintegro nel posto di lavoro, provvedendo in tutti gli altri casi con un indennizzo economico deciso dal giudice, sul modello tedesco, o da un arbitro scelto dalle parti. La Cgil difficilmente accettera’ una proposta del genere. Sul fronte opposto sono artigiani e commercianti a non ritenere sostenibile una riforma degli ammortizzatori sociali che per loro si tradurrebbe in un aumento dei contributi". Sulla riforma del lavoro, spiega LA STAMPA in un retroscena a firma di Carlo Bertini, "Bersani e’ piu’ tranquillo perche’ una modifica ‘light’ dell’articolo 18 potrebbe anche essere rivendicata come un successo politico: se passasse infatti l’opzione alla tedesca di consentire la mobilita’ per ragioni economiche dando l’ultima parola a un giudice che fissi un indennizzo per il lavoratore, al Pd non andrebbe poi cosi’ male". – www.ilvelino.it – (red) 130901 MAR 12 NNNN