Lettera aperta di ambientalisti e animalisti sul referendum piemontese sulla caccia

Dopo 25 anni di democrazia negata, ai cittadini piemontesi deve essere consentito di partecipare al primo referendum abrogativo regionale della loro storia, in condizioni di piena informazione e coinvolgimento degli elettori.

I promotori del referendum sulla caccia, le associazioni ambientaliste e animaliste (ENPA, FAI, Italia Nostra, LAC, LAV, Legambiente, LIPU, Pro Natura, WWF) inviano oggi una Lettera aperta al Presidente della Giunta regionale del Piemonte Roberto Cota, al presidente del Consiglio regionale Valerio Cattaneo al Prefetto di Torino, ai Ministri dell’Interno e della Coesione territoriale e alle Commissioni parlamentari competenti in cui chiedono che si proceda all’accorpamento delle amministrative, previste per il 6-7 maggio con il referendum, fissato, al momento, dalla Giunta regionale il 3 giugno 2012, come primo segnale di risarcimento del continuo ostacolo alla espressione della democrazia diretta, creato dalle varie maggioranze che si sono succedute al governo della Regione Piemonte dal 1987 in poi.

Infatti, come ricordano nella Lettera Aperta: “i promotori del referendum e le associazioni ambientaliste e animaliste non hanno alcun interesse a sdoppiare le scadenze elettorali e, men che meno, ad essi può essere attribuita, quindi, la responsabilità degli oneri che ricadrebbero sul bilancio regionale per delle consultazioni che potrebbero essere accorpate. Anche se è opportuno rammentare che l’esercizio di un diritto, sinora negato, in uno stato democratico ha comunque un valore non monetizzabile”.

Una storia travagliata quella del referendum abrogativo di alcune norme della legge regionale sulla caccia, che inizia appunto nel 1987 con il deposito di circa 60 mila firme. Una battaglia legale durata un quarto di secolo, che, come viene ricordato nella Lettera aperta, ha visto sconfitti i continui tentativi di elusione degli obblighi istituzionali solo dopo una sentenza definitiva della Corte d’Appello di Torino del 29 gennaio 2010 ed una sentenza del TAR Piemonte del 25 gennaio 2012, che ha intimato alla Regione Piemonte di fissare la data del referendum.

Una storia che gli ambientalisti e gli animalisti trovano incomprensibile, censurando nella lettera aperta un comportamento delle istituzioni che ha avuto l’unico scopo di “impedire che venisse avviata la procedura referendaria, piuttosto che garantire la partecipazione democratica consentendo lo svolgersi della consultazione popolare “in conformità al dato costituzionale, nonché alla legge statale e regionale che ravvisa nell’istituto referendario un primario strumento di partecipazione democratica dei cittadini al processo di formazione delle leggi” (Sentenza della Corte d’Appello di Torino del 29/1/2010)”.

Ora la parola è alla Commissione di garanzia del Consiglio regionale, che entro il 13 aprile formulerà il quesito e potrà dare indicazioni sulla data del 3 giugno. Alla base del referendum le richieste di modifica sostenute da circa 60 mila cittadini alcuni aspetti importanti della normativa vigente: 1. il divieto di caccia per 25 specie selvatiche (17 specie di uccelli e 8 specie di mammiferi), che oggi sono cacciabili; 2. il divieto di caccia generalizzato su terreno innevato, 3. l’abolizione delle deroghe per le aziende faunistiche private ai limiti degli abbattimenti; 4. il divieto di caccia la domenica.

Gli ambientalisti e gli animalisti ritengono che sinora la III Commissione consigliare della Regione Piemonte stia procedendo ad una riforma peggiorativa della normativa vigente sulla caccia, ampliando le specie cacciabili e deregolamentando ulteriormente la caccia, invece che orientarsi ad una revisione che risponda alle richieste di modifica dei promotori del referendum. E’ per questo che in assenza di modifiche migliorative, che vadano nella direzione indicata dai circa 60 mila cittadini promotori del referendum, nella Lettera aperta si chiede un tangibile e improcrastinabile impegno affinché sia garantita pienamente l’informazione e facilitata la partecipazione dei cittadini alla prima consultazione popolare della storia della regione Piemonte.