IL LAVORO NOBILITA L’UOMO

Egregio Direttore,

mi scusi se intervengo di nuovo sul problema LAVORO. Perché è nel lavoro che si realizza la personalità e si esprime la creatività umana, e si concretizza la sua “dignità”.
In ogni discussione relativa alle modifiche del cosiddetto “mercato del lavoro” è sempre bene non scordarsi che al centro c’è la PERSONA UMANA, con tutte le sue esigenze di vita e di libertà, e che di conseguenza il lavoro non può essere equiparato ad una “merce” qualsiasi, anche se sotto il profilo puramente economico questo ha un “costo” come qualsiasi altra voce del bilancio aziendale. Perciò non possiamo assolutamente accettare uno scivolamento “al basso” per vincere la concorrenza cinese o di altre nazioni dove il costo del lavoro è bassissimo proprio perché la persona umana non è valorizzata ma schiavizzata e ridotta a una condizione di mera sussistenza.
Vogliamo che l’Italia retroceda nella scala valoriale verso un nuovo medioevo o non piuttosto che questi altri paesi “sottosviluppati” procedano verso migliori condizioni di benessere materiale e sociale? Vogliamo in altre parole un “livellamento al basso” piuttosto che all’alto?
Se un accordo si vuol trovare bisogna tener conto sia della SITUAZIONE NAZIONALE che INTERNAZIONALE.
Per la prima (nazionale) creare condizioni più favorevoli per le aziende in Italia, come: riduzione del carico fiscale per quelle che investono o reinvestono gli utili, riduzione della contribuzione sulle buste paghe (cose tutte possibili se si avesse il coraggio di ridurre la spesa statale “improduttiva”, soprattutto nel campo della politica e della pubblica amministrazione, nonché vigilare attentamente sulle opere pubbliche veramente necessarie e soprattutto sui loro costi, gonfiati dalle mafie e dalla corruzione!), riduzione delle procedure burocratiche, riduzione significativa dei tempi della Giustizia, in particolare per le controversie aziendali e di lavoro, reintroduzione del “falso in bilancio” e previsione di pene più severe per gli imprenditori disonesti, miglioramento delle infrastrutture, ecc. ma anche POSSIBILITÀ DI LICENZIAMENTO per quei lavoratori che per gravi motivi (da precisare normativamente punto per punto, per non lasciare eccessiva discrezionalità al Giudice del lavoro) coi loro cattivi comportamenti determinano danni alle imprese. E questo DOVREBBE VALERE PER TUTTI I SETTORI, SIA PUBBLICI CHE PRIVATI: non si capisce infatti perché il datore di lavoro se è lo Stato o un Ente pubblico per un malinteso senso di “buonismo” debba mantenere in servizio (oltretutto in mansioni di tipo impiegatizio, quindi assai meno faticose di quelle di un operaio addetto alle catene di montaggio) persone poco o nullafacenti, assenteiste e menefreghiste, come purtroppo vediamo spesso in certi Uffici Pubblici (anche se ne possiamo sospettare le motivazioni, essenzialmente “politiche”, che ne stanno alla base). Ciò anche per RIDARE “DIGNITÀ” AL LAVORO e contemporaneamente ristabilire quella giusta ETICA DEL LAVORO, che deve permettere di distinguere i meritevoli dagli inetti, premiando i primi e penalizzando i secondi.
Per la seconda (internazionale) penalizzare quegli imprenditori che investono o trasferiscono le aziende all’estero (reintroducendo ad es. dazi d’importazione, o tassandoli maggiormente o privandoli anche solo temporaneamente della cittadinanza italiana, o anche invitandoli ad andare a vivere nei paesi dove hanno impiantato le industrie, o in ogni caso introducendo dei marchingegni atti a limitare l’odioso fenomeno della “delocalizzazione”), e contemporaneamente agendo politicamente presso i governi di quei paesi perché si adoperino per un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei loro popoli e non accettino di vederli continuamente sfruttati dal Capitalismo mondiale. Non è questione di destra o di sinistra, è una questione direi “superiore” che trascende ogni considerazione di vantaggio particolaristico: quella di salvaguardare la DIGNITA’ UMANA difendendola dagli assalti di un capitalismo “selvaggio”, alla Paperon dei Paperoni, che pensa solo al “profitto” e ad accumulare continuamente ricchezze e denaro, fine a se stesso e non per migliorare le condizioni di vita dell’Umanità!

Giovanni Dotti