PER MATTEO TERZI IL presente è un angolo di strada

Matteo Terzi è soltanto un ragazzo che a 25 anni, terminato il proprio percorso di studi universitari, ha cominciato a viaggiare alla conquista di uno stupido sogno: vivere della propria musica.

Nell’estate del 2010 lascia Milano, la propria città, per avventurarsi in un viaggio on the road alla scoperta dell’Europa. Parte senza soldi, in autostop, con uno zaino e una tenda. Un solo obiettivo: riuscire a viaggiare mantenendosi, Soltanto, facendo il musicista di strada.

Attraversa così città meravigliose come Lione, l’Ardeche, Montpellier, Perpignan, Vic, Girona, Barcellona, Tarragona e Madrid, per arrivare a Tenerife nel novembre del 2010

Il viaggio va oltre ogni più rosea aspettativa e porta a una conquista enorme: la consapevolezza di poter vivere del proprio sogno.

Per questo motivo Matteo decide di tornare a Milano e investe i soldi risparmiati in viaggio in strumentazione professionale per poter fare concerti in strada con più qualità.

Comincia così a suonare anche nelle città italiane, attività che diventa ben presto la sua unica occupazione.

Matteo, tu e la musica dove vi siete conosciuti?
Dentro a un walk man, in prima liceo. In quel periodo passavo giornate tutte uguali… mi annoiavo a scuola, tornavo a casa e mi annoiavo pure a casa. Passavo ore e ore sdraiato sul letto a fissare il soffitto. Poi un giorno a scuola qualcuno mi passa questa musicassetta con un mix di canzoni, tra le quali sento "Don’t look back in anger" degli Oasis. Mi vengono i brividi ancora a pensarci a quell’emozione. Lì, in quel preciso momento capii quanto grande poteva essere la musica. Che emozioni era in grado di far provare. E da li non ho mai smesso di inseguirla.

Immagina un brano che avresti voluto cantare per prima tu?
Ce ne sono tantissimi, uno su tutti potrebbe essere "The Scientist", dei Coldplay. E’ una canzone immensa, da tutti i punti di vista.

La tua adolescenza?
Ho sempre avuto una voglia irrefrenabile di fare, di muovermi, non riuscivo a stare fermo. Mai. Già dalle elementari, l’idea di dover stare fermo seduto al banco per ore mi terrorizzava. Appena compiuti i 18 anni, a esempio, lasciai il liceo per andare a vivere da solo, trovai lavoro come muratore e diedi inizio alla mia indipendenza. Da sempre cerco di misurarmi con la vita a viso aperto, cerco di combattere battaglie grandi. Mi sono sempre rivisto in quella frase della canzone "Cyrano" di Guccini "Tornate a casa nani, levatevi davanti, per la mia rabbia enorme mi servono giganti".

Come hanno reagito i tuoi genitori una volta appreso che vuoi essere un musicista di strada?
Sono sempre stato un ragazzo dalle scelte "diverse". Come ti dicevo, a 18 anni ho lasciato il liceo per andare a vivere da solo, poi ho ripreso il liceo, mi sono iscritto all’università e ho lasciato anche lei per cogliere al volo una bellissima occasione lavorativa. Poi mi sono licenziato, ho finito l’università e sono partito all’avventura dell’Europa in autostop senza soldi per provare a vivere unicamente della mia musica. Ecco, però nonostante tutte queste scelte "atpiche" ho sempre avuto la testa sulle spalle, sono sempre stato indipendente e quindi quando ho detto loro di questo mio progetto hanno capito che era una cosa che prendevo sul serio. Sapevano bene che non lo facevo per andare a fare il punkabbestia in giro ma per eguire una vocazione. E quindi mi hanno risposto. Vai. Però scrivici. Dicci che stai bene.

Che cosa ti interessa, in particolare, di questo ambiente?
La libertà e il tempo. Credo che questi siano i due valori più importanti per l’essere umano. E sono quelli che ci facciamo mancare di più. Io lì ho messi in cima alla scala delle mie priorità. E nessuno può venire a comprarmeli, perché non hanno prezzo. Per non parlare del rapporto diretto che puoi instaurare con le persone che ti seguono. Sono emozioni indescrivibili, che non cambierei per niente al mondo.

Più emigrante o immigrato?
Tutti e due. Suono sia nella mia città, a Milano, che in giro per l’Italia e l’Europa. Suonare in giro è bellissimo, ma suonare a Milano è la sfida più grande. Sai, all’estero qualsiasi cosa succede puoi sempre prendere e levare le tende, nessuno ti conosce. Ma a Milano suono davanti alle persone che conosco da sempre, amici, compagni di scuola e di università, ex colleghi di lavoro… chiunque di loro può passare per il centro da un momento all’altro, quindi diventa un continuo confrontarsi con le scelte di vita fatte e i piani per il futuro.

La felicità per Matteo?
Un camper, una casa in campagna e un amore grande con cui condividerla.

La dignità è merce rara o cosa?
La dignità è tutto nella vita. Misura la stima che io ho nei confronti di me stesso.

Ti senti particolarmente forte per affrontare tutte le strade di questo mondo?
Non lo so, ma di certo se me la ponessi come sfida la raccoglerei. Con paura. Ma con più coraggio.

Dagli angoli delle strade che Paese osservi?
Un paese bellissimo, che ha solo bisogno di riscoprirsi. Quando ho iniziato a farlo a Milano tutti mi dicevano che ero pazzo. Che nessuno si sarebbe fermato ad ascoltarmi. Niente di più falso. E’ pieno di persone bellissime per le strade del nostro paese, dobbiamo solo parlarci. Perchè qua da noi la normalità è la gente buona.

Nell’Italia precaria sogni ancora di avere un futuro?
In un momento come quello di oggi credo che non ci sia niente di più sbagliato per un giovane che cercare di inseguire un contratto a tempo indeterminato. Vedo amici che si svendono, che in cambio di 200 euro al mese vanno a fare stage dove vengono sfruttati e senza nemmeno mezza certezza sul futuro. Ecco, quello significa non avere dignità. Non ci si può svendere così. Soprattutto in un momento del genere noi giovani dobbiamo investire sui nostri sogni, sulle nostre passioni. Voglio dire, se l’alternativa è essere trattato come uno straccio e senza rispetto in cambio di due lire…

Le certezze nella tua storia chi te la dà?
Le uniche certezze sono i pochi valori che mi porto dietro da sempre. Rispetto per tutti, ma proprio tutti, fino a quando non mi viene negato dall’altra parte. Coraggio. Sempre. Nessuna violenza. Mai.

Famiglia, figli, immortalità. Sono queste le tue priorità?
Famiglia e figli lo saranno, that’s for shure. L’immortalità no, non credo. Penso solo a fare bene quello che mi piace.

La strada che lingua parla?
La lingua più vera che si possa concepire. Lì è tutto esploso, non ci sono filtri da convenevoli o altro. Sei lì nudo. Per questo ogni minuto che le persone che si fermano mi regalano per ascoltarmi vale tantissimo.

Musica, scrittore, cinema. Che cosa vuoi fare da grande?
Tra dieci anni mi vedo a fare base in una casa in campagna, con un camper per muovermi in certi periodi dell’anno. E con un amore a fianco con cui condividere tutto questo. Ti ricorda niente?

Non possiamo non essere vanitosi: quale delle tue canzoni si identifica con IMG Press?
"Ovunque sei". E’ una canzone che esplora tante tematiche con coerenza. Come voi.

Il prossimo appuntamento?
Ce ne sono diversi, invito chi fosse interessato a consultare la pagina www.facebook.com/soltanto dove pubblico sempre le mie date.