La Spagna spaventa l’Ue. Ma l’Italia ha banche solide

La Spagna torna a spaventare l’Europa. "Nuove tensioni sul debito sovrano degli stati europei legate sia al rallentamento economico annunciato dall’Ocse, sia alle nuove preoccupazioni sulla Spagna, che dopo aver disatteso gli obiettivi di riduzione del deficit 2011, ora rischia di non rispettare neppure i target 2012. La paura di nuove crisi come quella greca – riporta LA REPUBBLICA -, ha indotto gli investitori ad acquistare massicciamente i titoli di stato tedeschi, dopo la deludente asta spagnola di mercoledi’ alla quale ha fatto seguito una difficile asta francese ieri. La Spagna si ritrova nell’occhio del ciclone con il differenziale trai suoi bonos decennali rispetto ai bund tedesco di nuovo sopra i 400 punti, un livello che crea allarme anche sul debito degli altri paesi europei con problemi, fra cui l’Italia. E così ieri il differenziale del Btp tricolore si è allargato di nuovo rispetto al bund assestandosi in chiusura a 372 punti, dopo aver toccato un massimo di 381 punti. Con il premier Monti che si è sentito in dovere di intervenire sul tema. Le polemiche sulla riforma del lavoro non c’entrano: <<Sui mercati ci sono tensioni per ragioni che non hanno nulla a che fare con l’Italia, semmai con qualche altro Stato membro dell’Ue e con l’insoddisfazione per le decisioni prese dall’Ecofin sui firewall>>. Come che sia, e’ aumentato a 125 anche lo spread della Francia mentre torna allo stratosferico livello di 10.500 quello sui decennali del Portogallo. La stessa dinamica che si e’ verificata sui titoli di stato, e’ stata replicata sui mercati valutari, dove la divisa unica ha perso posizioni nei confronti delle cosi’ dette monete rifugio. E cosi’ l’euro e’ sceso a quota 1,3 nei confronti del dollaro e per la prima volta dalla scorsa estate e’ scivolato sotto la soglia critica di 1,2 franchi svizzeri, il limite dichiarato dalla banca centrale della svizzera, oltre il quale scattano interventi di contrasto. La crescita del prodotto interno lordo della zona Ocse nel quarto trimestre 2011 ha infatti subito una brusca frenata fermandosi allo 0,2%, da +0,6% del trimestre precedente. Sotto la media e in forte contrazione il Pil italiano, che tra ottobre e dicembre ha segnato un meno 0,7% (dopo il ú 0,2% relativo al periodo luglio-settembre) registrando il peggior risultato tra i paesi dell’Ocse".

Anche IL GIORNALE si occupa di eurozona titolando "Ecco perche’ l’Italia non deve temere la sindrome spagnola". "Il Europa di nuovo a rischio. Ma rispetto alla Spagna l’Italia e’ meno esposta al contagio grazie alle manovre varate. La burrasca e’ tornata sul debito pubblico, mentre siamo entrati in una spirale di recessione insieme a vari Stati dell’euro zona. Se in cambio della recessione, avessimo debellato la brutta bestia dello spread dei titoli di Stato poliennali (Btp), che e’ indice di un rischio finanziario e comporta una spesa differenziale per interessi per l’erario, il sacrificio dovuto ai nuovi gravami sarebbe fruttuoso. Ma, per ora, cosi’ non è. Infatti la quota di 370-80 punti che lo spread ha toccato, ci porta di nuovo vicino all’area del pericolo rosso, quella dei 400 punti, sopra ai quali c’e’ una turbolenza difficile da controllare.
E’ vero che quando il governo Monti ha assunto il potere eravamo su quota 500, e ora siamo sotto a essa di oltre 100 punti. Ma nel frattempo ci sono state misure di austerita’, che potevano far sperare in una situazione migliore. Che cosa non ha funzionato? Molto non dipende da noi. Il peggioramento attuale deriva dalla Spagna. Dopo alcuni mesi in cui pareva che il mercato del suo debito stesse tornando alla normalita’, ora esso e’ improvvisamente peggiorato. La stampa finanziaria internazionale spiega questo fenomeno con il cosiddetto avvitamento. Le misure di austerita’ hanno fiaccato l’economia spagnola, gia’ debole nelle sue articolazioni di imprese edilizie e di banche locali (casse di risparmio) rese fragili dalla crisi seguita al boom immobiliare. La recessione genera nuove sofferenze creditizie e, quindi, nuovi problemi alla struttura bancaria iberica, riduce le entrate pubbliche e rende piu’ difficile al governo di Madrid scendere dal deficit del 7% al 5% e poi al 3% nel biennio. Il governo non ha molti mezzi per rilanciare l’economia,stremata dalla crisi edilizia, dai soccorsi pubblici alle banche, dalle nuove imposte e da una disoccupazione al 18-19%. Sarebbe desiderabile che l’Unione europea fosse meno severa con la Spagna che ha un rapporto tra debito e Pil del 68% soltanto, uno dei piu’ bassi d’Europa. Ma cosi’ non e’. E d’altra parte la Bce per un po’ non eroghera’ piu’ prestiti triennali alle banche all’1%, perche’ ne ha gia’ messi in circolo per mille miliardi.
Pertanto gli istituti di credito non possono piu’ contare su tale provvista per acquistare il debito pubblico. La speculazione finanziaria, cosi’, e’ tornata sulla Spagna. E cio’ si ripercuote sull’Italia. Si puo’, infatti, pensare che l’avvitamento che morde in Spagna possa avere luogo anche in Italia. Si tratta, pero’, di situazioni diverse. Tutti adesso ammettono che l’Italia abbia, al riguardo, problemi minori perche’ essa, grazie alle tre maxi-manovre del governo Berlusconi e al decreto salva-Italia del governo di Monti, attualmente ha un deficit inferiore al 3%. E io reputo che nel 2012 esso puo’ arrivare all’1,5 senza manovre aggiuntive.
Ma non tutti la pensano cosi’. L’Italia non ha un avvitamento di tipo spagnolo perche’ le banche ( salvo eccezioni) non hanno le fragilita’ di quelle spagnole, la disoccupazione e’ al 9,3% (10,5 la media Ue) e l’export e’ migliore della media europea. Ma l’Italia ha un rapporto debito-Pil quasi doppio di quello spagnolo, cioe’ il 120%. Sarebbe necessaria la crescita per ridurre tale rapporto, mentre la recessione riducendo il Pil lo peggiora. Essa e’ dovuta, in parte, alla manovra fiscale eccessiva, in particolare agli effetti depressivi dell’Imu, che il governo non aveva previsto, perche’ sospinto da errate teorie degli economisti keynesiani che pensano che bisogna accrescere le imposte sul risparmio e quindi sulle case. Le ricette per reagire alla crisi sono due. Una e’ l’elasticita’ del mercato. Invece il mercato del lavoro e’ appesantito dal modo assurdo in cui l’articolo 18 e’ interpretato dalla magistratura e dalle rigidita’ dei contratti nazionali di lavoro. Le iniziative economiche sono appesantite dai vincoli burocratici, dalla lentezza e cavillosita’ delle procedure e della giustizia e da imposte sugli affari troppo alte. L’altra ricetta per contrastare la recessione e’ quella classica, la politica delle opere pubbliche e delle infrastrutture, finanziabili in gran parte sul mercato, con prevalenza della privata iniziativa. Ma il ministero dello Sviluppo appare fermo".