In questi giorni stiamo assistendo a una straordinaria dissoluzione e decadenza dei politici, fino a casi di vero e proprio nepotismo come pare emerga dall’inchiesta sulla Lega e in particolare sul suo segretario. Mi limito a scrivere in merito alla squallida faccenda quello che ha detto l’onorevole Alfredo Mantovano su La7, «La vicenda della Lega dimostra di nuovo la verità del detto evangelico “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”. Chi inizia l’esperienza parlamentare agitando un cappio si ritrova con quel cappio intorno al collo. O per dirla con Nenni, chi gioca a fare il più puro, finisce epurato». Ricordate com’è finito Robespierre? Anche se concordo con Gianni Pardo che su legnostorto a proposito di Bossi, scrive: se non possiamo perdonarlo, per i presunti favori ai propri figli possiamo almeno capirlo, visto come vanno le cose in Italia. A volte, i padri “si fanno guidare dall’istinto e dalle cattive abitudini di un Paese che, in questo campo, è un immenso Meridione, altro che Padania”. L’indagine sulla Lega fa emergere prepotentemente la questione del finanziamento pubblico ai partiti, giusto finanziare la politica ma occorre trasparenza e controlli. Attualmente i rimborsi vengono dati senza nessuna presentazione di documenti giustificativi, a differenza della regola più elementare di un’azienda in cui i rimborsi spese vengono dati ai dipendenti solo a fronte di ricevute e scontrini. I rimborsi vengono liquidati per quinquennio, a prescindere dall’effettiva durata della legislatura. Invece bisogna intervenire con pochi strumenti mirati e certi. Occorre documentare tutti i rimborsi, e magari serve anche il controllo della Corte dei Conti sui bilanci dei partiti. Qualcuno propone il finanziamento diretto al politico da parte dei cittadini, in tempo di crisi saranno in pochi a farlo. E poi una simile ipotesi è pericolosa a meno che si voglia ritornare a prima del 1974, quando c’era il partito comunista finanziato dall’Unione sovietica, e gli altri da aziende petrolifere e organismi differenti. Se abolissimo il finanziamento pubblico e ritornassimo a quella situazione, il problema non sarebbe comunque risolto.
Comunque sia concordo con Mantovano: “di sicuro non si può andare avanti così, non tanto per un sussulto etico, quanto per l’insostenibilità di un sistema che da una parte chiede ai cittadini sacrifici sul fronte pensionistico e del lavoro, ma poi presenta agli elettori un quadro come quello che sta emergendo in questi giorni”. E se lo dicono anche i politici che cosa devono dire i cittadini? Intanto l’operazione Monti ha mostrato il suo vero volto. Si scarica tutto il peso della cattiva amministrazione dello Stato sui cittadini e si lasciano pressoché indenni i costi della politica e della burocrazia (quello che si taglia è solo un’inezia ), pensate a quanto costa il Quirinale: Re Giorgio ci costa più del doppio della Regina Elisabetta).
Infatti nell’ultimo loro libro, che ho letto in questi giorni, Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, a distanza di quattro anni dopo La Casta, smascherano punto per punto i tradimenti delle promesse di sobrietà, fatte dalla classe politica. Il titolo del libro è significativo, “Licenziare i Padreterni. L’Italia tradita dalla Casta”. Anche se voglio precisare, l’ho sostenuto nei miei precedenti interventi, la casta non è solo quella dei politici, ci sono faraoni dappertutto. A questo proposito, Alfo Forbice e Giancarlo Mazzuca fanno riferimento a oltre mille caste del potere pubblico che stanno dissanguando l’Italia. Come non ricordare i baroni dell’università, i sindacati, i giornali, il cinema, il teatro, la Corte dei conti, il Tar, le varie lobby, gli ordini professionali, è un lungo elenco. Certo indagare sulla casta dei politici fa più effetto come stiamo vedendo in questi giorni. Ritornando ai partiti, almeno a quelli della maggioranza, tra le tante misure negative di questi mesi, c’è l’operazione del ritorno al sistema proporzionale e quindi di una grande coalizione per il 2013 tra Pdl e Pd, il governo si farebbe dopo il voto. Un ritorno al peggior passato. I cittadini, in pratica, vengono espropriati del loro diritto di scegliere il governo che dovrà poi governarli. Comprendo che il bipolarismo spesso è stato rissoso per colpa soprattutto della sinistra, che l’ha utilizzato per fare una guerra personale a Berlusconi, però almeno si votava anche per il governo e il premier. Ora con questo accordo si fa marcia indietro, i partiti hanno di nuovo le mani libere nella scelta dei programmi, dei governi e dei premier.
Sulle condizioni politiche che stiamo vivendo mi sembra interessante l’analisi di Mario Sechi, direttore de Il Tempo del 6 aprile scorso, provo a fare una sintesi. Siamo di fronte a sistema istituzionale che non regge più per colpa della classe politica che è incapace di riformarsi. I colpi mortali sono stati dati quando Veltroni è costretto a dimettersi per aver per perso le lezioni del 2008, e poi la battaglia tra Berlusconi e Fini, che porta all’uscita dei finiani dal Pdl.
“Da allora la maggioranza di centrodestra entra nella fase del «tirare a campare». I due eventi segnano l’avvio dell’autoliquidazione dei partiti. Senza riforme istituzionali, senza una vita democratica al loro interno, con le casse piene di soldi, senza controllo sulle spese e con una gestione monarchica o da clan, i partiti si sono suicidati. Fino a fare – tutti, senza distinzioni – il passo indietro e lasciare a Mario Monti il volante della macchina” (Mario Sechi, Bossi è caduto dal Carroccio, 6.4.12 Il Tempo). Così dal 1994 al 2008 le elezioni hanno dato ai partiti una dote di 2,2 miliardi di euro di rimborsi. Soltanto 579 milioni sono stati spesi per le campagne elettorali, i restanti 1,6 miliardi di euro e «spiccioli» sono rimasti «a disposizione» dei tesorieri e dei leader. “Avrebbero dovuto finanziare solo l’attività politica, hanno finito per essere il forziere personale di tesorieri spregiudicati (il caso di Lusi della Margherita) e leader che hanno interpretato il comando in senso familistico. La vicenda dei finanziamenti leghisti conferma questa degenerazione”. Sechi per le prossime amministrative prevede un’altra scossa; per quanto mi riguarda io mi asterrò, non trovo nessuno stimolo particolare ad affrontare un lungo viaggio per andare a votare nella mia Sicilia. Ci sono anche altri strumenti per manifestare, si possono organizzare proteste in piazza, ma si può fare, ancora di più e meglio, l’ha scritto un collaboratore del giornale online legnostorto.com: aggregare milioni di cittadini intorno ad una forma di dissenso ancora più forte ed incisiva. Visto che il 50% degli elettori sembra intenzionato a non recarsi alle urne. Bene “Ho una proposta. Perché non incollare sulla scheda (o vergare di proprio pugno) un biglietto in cui è scritto, a esempio: “Tornerò ad esprimere il mio voto quando avrete ridotto le tasse, i costi della politica, sarà ridotto il limite di età pensionabile, dismetterete parte del patrimonio pubblico per ridurre il debito sovrano, e infine, quando farete scegliere agli elettori premier programmi e maggioranza”. (per correttezza ho aggiunto qualche richiesta)
Pensate un momento a ciò che significherebbe trovare nel corso dello scrutinio per esempio dieci milioni di schede, e anche di più, con una tale scritta. Credete davvero che i partiti e le Istituzioni potrebbero ignorare la protesta? Essa varrebbe molto di più di una o più manifestazioni in piazza. Il tempo non ci manca. Ci dividono dodici mesi dalle elezioni politiche del 2013, e se ce la metteremo tutta potremo ancora fare molto”. (Bartolomeo Di Monaco, Vogliamo prepararci alla protesta? 2.4.12 Legnostorto.com)
DOMENICO BONVEGNA
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