LEGA, BOSSI, & QUESTIONE MORALE

Egregio Direttore,

come ha potuto notare non sono mai intervenuto sulle tristi squallide vicende che hanno visto coinvolta la Lega e il suo padre-padrone, l’on. Umberto Bossi. Memore della famosa frase passata alla storia “Tu uccidi un uomo morto!” detta da Francesco Ferrucci al Maramaldo nell’assedio di Firenze del 1529, non mi è parso il caso di infierire ulteriormente su un poveruomo menomato nel fisico e nel morale, che si è visto crollare addosso quel castello di cartapesta da lui inventato che pure all’inizio aveva dato a molti una qualche speranza di rinnovamento. Non ho mai condiviso infatti né le sue scelte politiche (soprattutto il patto di ferro con Berlusconi, che ha condizionato negativamente la politica italiana per tanti anni), né l’ignoranza e la prosopopea di certi suoi stretti collaboratori, né le sue nomine di gente rozza, incolta, incompetente e incapace – senza arte né parte – in certi ruoli importanti, né i suoi “riti pagani” inventati per far presa sul popolino e le sue pagliacciate, né il suo linguaggio da trivio ed i suoi gesti vergognosi nei confronti degli oppositori, e tante altre “infamie” (come il vituperio del tricolore, non punito a suo tempo come secondo la legge avrebbe dovuto essere) che tanto hanno concorso a svergognare e sfiduciare tutta la classe politica italiana (che col silenzio o limitandosi solo a qualche balbettio di disapprovazione le ha sempre tollerate) e ad allontanare tante persone oneste dalla politica, nonché a minare l’onore e la credibilità dell’Italia nel mondo.
Quel che si semina si raccoglie! Una famiglia disastrata, un partito azzoppato, una malattia grave e irreversibile. Questi i frutti della sua folgorante esperienza politica (quasi come Napoleone!). Per questo non voglio infierire ulteriormente.

Grazie per l’ospitalità

Giovanni Dotti