Triste fine settimana per l’Italia. Una nazione carica di buoni sentimenti ma anche infarcita di ipocrisia. L’Italia del 12 dicembre (parafrasando De Gregori), delle Stragi di Capaci e via D’Amelio e dei processi infiniti con imputati a piede libero. Uno Stato mai stata così poco trasparente e tuttavia così antimafioso, così lontano dalla verità ma così vicino ai grandi Valori come il No al razzismo, il No alla violenza, il No all’illegalità. Uno Stato che dice sotto il riflettori Sì alla Giustizia, Sì all’etica, Sì alle Pari opportunità. Triste fine settimana per l’Italia. Non solo per il dolore di Brindisi e dell’Emilia. Una grande vergogna si è consumata pure a Canicattì dove si giocava la finale di basket della C siciliana tra la Pol. Mario Mura Canicattì e il Cus Messina: per gran parte della partita ci sono stati vigliacchi cori razzisti e minacce verso il giocatore di colore del Cus, l’inglese Walid Mumuni senza che gli arbitri o qualcuno del luogo che rappresentasse lo Stato, la Federazione pallacanestro o la stessa società Mario Mura di Canicattì dicesse qualcosa per far smettere quella vergogna! In questi casi la sfida sportiva passa in secondo piano e quello che preme di più a noi è l’aspetto civile, etico, morale: la dignità della persona. Nessuno ha tutelato Walid! Con un’inclinazione al malsano deliberatamente coltivata in tutte le branche della nefandezza umana, dalla ferocia della cattiveria all’indifferenza verso la tolleranza, dal linciaggio di piazza sino al razzismo gratuito. Non lo ha tutelato la Federazione pallacanestro disertando stranamente l’impianto visto che si disputava gara due di una finale e non la sfida scapoli – ammogliati, pur sapendo che a Canicattì accadono cose ignobili, non lo ha tutelato la classe arbitrale permettendo di tutto e di più dentro e fuori del campo tappandosi occhi e orecchie pur di non prendere posizione – salvo poi chiedere solidarietà quando uno di loro viene sfiorato da qualcuno durante una partita – non lo ha tutelato la Mario Mura Canicattì che di quei teppisti che spaccia per tifosi ne trae forza e profitto visto che è impossibile uscire vittoriosi dall’impianto. Se pensate che il Cus Messina nella gara di andata aveva vinto 99-48 (più 51!) è difficile comprendere come sia possibile poi perdere di due 75 a 77 se gli organici scesi in campo sono i medesimi – non si tratta di una finale Siena – Milano con l’equilibrio che può variare per una piccola inerzia – a meno che non si giochi più a basket ma alla caccia al nero, all’avversario, al coach in panchina: fatti puntualmente accaduti. Peccato che la Federazione pallacanestro era assente, peccato che i rappresentati degli arbitri erano distratti così come i due fischietti in campo, peccato che le Istituzioni latitanti: dove erano polizia e carabinieri? Boh! E soprattutto dove era quel giudice sportivo che a due giorni dalla sfida ha pensato bene di perdonare il giocatore simbolo di Canicattì, Beto Manzo resosi protagonista in gara uno di un mortificante tiro all’insulto verso gli arbitri Di Franco e Castorina e per questo espulso e poi squalificato secondo regolamento, per due giornate? E’ vero che la Storia abbonda di storielle edificanti che ci mostrano peccatori incalliti salvati al momento della morte, ma lo sport dovrebbe essere immune da certi vizi. Ma è difficile credere che la Federazione siciliana pallacanestro ami e difenda questo Canicattì, perdoni e salvi il focoso Beto Manzo soltanto perchè spera di acciuffare dalla coda un posto in Paradiso… E’ difficile immaginare che tanti giovani possano innamorasi del basket come lo è Walid Mumuni se poi si permette violenza, razzismo, disparità di trattamento nel giudicare uomini e cose. La Federazione pallacanestro non può fare sempre finta di niente e poi dolersi se le famiglie, i giovani, gli imprenditori non credono più al sogno Basket. Ieri a Canicattì non ha perso il Cus Messina, ha perso lo sport; ha perso Antonio Rescifina (presidente regionale Fip) che ha pensato bene di fare qualcosa di diverso da ciò che ci si aspetta dal suo ruolo: metterci la faccia! Certamente anche lui oggi si mostrerà indignato per le insolenze di Canicattì. Il che significa, in altri termini, che è un perfetto italiano moderno: vicino a Walid, al Cus e lontano dalla realtà.