Pronta la replica della Polisportiva Mario Mura Canicattì, che rimanda al mittente (Cus Messina) le accuse di razzismo con il seguente comunicato stampa: “Con il presente comunicato la Polisportiva Dilettantistica Mario Mura, in merito a presunti cori razzisti rivolti al giocatore Walid Mumuni da parte del pubblico locale in occasione dell’incontro di pallacanestro tra la scrivente società ed il Cus Messina valevole per i playoff spareggio promozione (gara 2) disputatosi giorno 20 Maggio 2012 presso il Palazzetto dello Sport di Canicattì, smentisce fermamente quanto apparso in alcuni organi di stampa e precisa quanto segue: nessun coro razzista è stato rivolto al giocatore Mumuni né alcuna sospensione dell’incontro è stata disposta dagli arbitri (come è facilmente accertabile dal video della partita).
L’incontro si è svolto alla presenza di organi federali che nulla hanno ritenuto di rilevare durante la partita così come gli arbitri che solo alla fine della prima frazione di gioco chiedevano ai dirigenti e giocatori della squadra locale di allontanare uno sparuto gruppo di spettatori particolarmente esagitati.
Si precisa che la Pol. Mario Mura in ogni caso si dissocia da tali spiacevoli episodi (se verificatisi) condannandoli con decisione ed esprimendo fin d’ora la massima solidarietà a Walid Mumuni. In tal senso la Polisportiva Mario Mura adirà le vie legali a tutela della propria reputazione e immagine”.
C’è qualcosa in questa atroce pagina scritta a Canicattì che non torna. Abbiamo come la sensazione che le riflessioni del giorno dopo non aiutino, non siano esattamente come ce le hanno servite a fine gara, quando il Canicattì, con capitan Beto Manzo in testa, chiedeva scusa per quanto accaduto e si autoproclamava vittima di quei teppisti. Anzi. NOI GIOCATORI DEL CANICATTI’ SIAMO LE PRIME VITTIME DI QUESTI TIFOSI”. E non era da solo a invocare clemenza per i cori razzisti. C’era pure il presidente che oggi apprendiamo nega cori e violenze. Qualcosa non torna. Oppure sì. C’erano presenti pure il commissario degli arbitri e quello di campo che hanno ripetuto più volta a tecnici e dirigenti del Cus: ABBIAMO VISTO E SENTITO TUTTO!. Ma oggi la Polisportiva Mario Mura Canicattì invece di chiedere scusa e fare ammenda rincara la dose: promette querele a tutela del buon nome. Nome che quei loro tifosi hanno sporcato con il coro “Sporco negro, pezzo di m….”. Urlato non una o tre volte ma cento, mille, un milione. Sparato come una raffica di mitra in direzione di un giocatore di colore: Walid Mumuni. Questa non è giustizia! Questa non è sportività. Questa non è educazione alla vita, semmai il trionfo dell’omertà: io nego dunque proteggo. E la Federazione pallacanestro come intende procedere? Il Comitato arbitri? Non può sempre finire 0 a 0! Non possiamo sempre sacrificare l’anima al diavolo per un pugno di voti. Quello che è successo a Canicattì non può essere un malinteso o una diversa interpretazione di regole e ironia goliardica del pubblico presente nella palestra Saetta – Livatino (poveri eroi dell’antimafia!) Troppe volte ci capita di pensare che certi personaggi della vita pubblica facciano la satira di se stessi e si autoriducano a macchietta. Oggi ne scopriamo un altro: il presidente del Canicattì. Ha rilanciato invece di fermarsi a riflettere. Ha negato invece di ammettere quel che è accaduto in un pomeriggio domenicale. Una pagina vigliacca, amara, feroce. E la Fip tace. Se continuiamo a far finta di nulla non ce la faremo mai a ripulire la società, lo sport, le palestre, gli stadi dai teppisti. Una parola, un segnale, un dettaglio che la Federazione esiste. Altrimenti dovremo tutti farcene una ragione e certificare che anche la Fip come la Politica si sta consumando e sbriciolando da sé. Ecco perché, nel giorno in cui il presidente di Canicattì ha detto che è tutto falso, che non ci sono stati cori razzisti verso Mumuni la cosa che più ci manca è la risposta della Federazione pallacanestro. Ci manca la sapienza di chi comprende che l’insulto insensato e l’ingiuria sguaiata nascondono sempre debolezza, malessere, inadeguatezza, forse tragedia.