
La cena informale dei capi di Stato e di governo dell’Ue, convocata questa sera a Bruxelles dal presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy per discutere le possibili nuove iniziative Ue per la crescita economica, sarà solo un "primo passo", l’inizio di un percorso che dovrebbe approdare a decisioni concrete solo durante il successivo vertice formale dei Ventisette, il 28 e 29 giugno. Lo hanno puntualizzato fonti del Consiglio europeo ieri a Bruxelles, preoccupate di raffreddare attese forse eccessive rispetto a un incontro che sarà probabilmente solo un ‘brain storming’ con pochi punti su cui c’è già un certo consenso e molti altri certamente controversi e politicamente ancora da ‘sminare’.
Le iniziative su cui c’è già un certo consenso riguardano soprattutto i cosiddetti ‘project bond’ (le obbligazioni a progetto per finanziare infrastrutture di rete, parzialmente garantite dal bilancio Ue) e la ricapitalizzazione della Banca europea per gli investimenti (Bei), anche se le discussioni sulle cifre non sono affatto concluse. Restano controverse invece tutte le altre proposte, e in particolare quelle sugli eurobond.
Gli sviluppi urgenti e drammatici della crisi dell’Eurozona, legati alle incertezze politiche in Grecia, alla fragilità del sistema bancario in Spagna e alla recessione che rende le cose più complicate nei paesi sottoposti ai programmi di austerità di bilancio, verranno discussi, nelle intenzioni di Van Rompuy, solo alla fine della cena.
La discussione finale potrebbe essere un’occasione per coordinare un po’ meglio le posizioni dei diversi Stati membri, e delle stesse istituzioni comunitarie, nei riguardi di Atene.
Dopo il cattivo avanspettacolo delle ultime settimane in cui i greci sono stati blanditi e minacciati, in modo scomposto e con poco rispetto della democrazia, da Bruxelles e da diverse altre capitali, sarebbe il caso di imporsi una saggia regola del silenzio, aspettando che parli la voce della democrazia, come ha suggerito lucidamente la settimana scorsa il presidente dell’Eurogruppo e premier lussemburghese Jean-Claude Juncker.
E se i greci, come sembra più probabile, daranno la maggioranza a partiti che non vogliono l’uscita del paese dall’euro, ma non accettano il programma lacrime e sangue imposto in cambio dell’aiuto finanziario dell’Eurozona e dell’Fmi, allora bisognerà rinegoziare quel programma, non c’è scelta. Atene non può essere espulsa dall’euro, può andarsene solo di sua volontà, e non ha nessuna intenzione di farlo. Certo, le cose sarebbero più facili se – come molti sperano a Bruxelles e nelle capitali europee – gli astenuti di maggio tornassero a votare a giugno per i due partiti tradizionali, Nea Democratia e Pasok, che hanno negoziato il memorandum con l’Ue e l’Fmi e che ne garantirebbero l’attuazione, ma anche in questo caso un ‘ammorbidimento’ non dovrebbe essere escluso.