L’attivista egiziano Hamdy Al-Azaazy è in pericolo di vita

L’attivista egiziano Hamdy Al-Azazy, Premio Makwan 2011, è in pericolo di vita. L’affermazione progressiva dei movimenti fondamentalisti nel nuovo Egitto, culminata con le vittorie politiche dei Fratelli Musulmani, ha ridotto costantemente la pressione da parte delle forze dell’ordine, dei militari e dei servizi segreti nei confronti dei trafficanti di esseri umani nel Sinai, che fanno capo – come dimostrato nei report del Gruppo EveryOne e confermato dai servizi segreti israeliani – proprio ai gruppi armati per la Jihad. Attualmente, circa 1500 profughi eritrei e di altre nazioni subsahariane sono nelle mani dei trafficanti, che pretendono dai familiari degli ostaggi fino a 50 mila dollari pro capite per la loro liberazione. La polizia non interviene più efficacemente contro di loro, mentre la task force di beduini nata lo scorso anno per contrastare la tratta di schiavi e organi umani, dopo aver perduto l’appoggio del governo egiziano, si è sfaldata, lasciando il Sinai nelle mani delle mafie locali. "Sento che a causa del mio lavoro contro i trafficanti e delle interviste che concedo regolarmente alla stampa, presto verrò ucciso," ci scrive Hamdy, "pregate per me". Il più recente intervento dell’attivista contro i traffici nel Sinai è apparso ieri sulle pagine del quotidiano Alahram Newspaper. Il Gruppo EveryOne ha segnalato la difficile condizione di Hamdy Al-Azazy all’organizzazione internazionale FrontLine Defenders – che tutela gli attivisti nonviolenti nel mondo – e all’Alto Commissario Onu per i Diritti Umani Navi Pillay. "Il lavoro di Hamdy è fondamentale perché gli orrori del Sinai siano quantomeno documentati e denunciati," commenta EveryOne in una nota, "ed è importante che le istituzioni umanitarie che tutelano l’opera dei difensori dei diritti umani si mobilitino con urgenza per evitare che Hamdy possa essere colpito dai signori del traffico di profughi africani e dal fondamentalismo islamico che trae profitto da tali attività criminali".