Lavoro & riforma: Il ministro Fornero ha detto tutt’altro

E’ scoppiata l’ennesima polemica sulle dichiarazioni del ministro del Welfare Elsa Fornero che avrebbe detto al Wall Street Journal: “il lavoro non è un diritto”. Evidentemente, posta così, non vi è dubbio che sembra contraddire l’art. 4 della Costituzione “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.”
Ma cosa ha davvero detto la ministra? Lo si vede andandosi a leggere i transcripts dell’intervista: "That includes youth, who need to know a job isn’t something you obtain by right but something you conquer, struggle for and for which you may even have to make sacrifices."  Letteralmente: "E questo include i giovani, che devono sapere che un (posto di) lavoro non è qualcosa che si ottiene di diritto ma qualcosa che devi conquistare, faticare e per il quale potresti dover fare anche dei sacrifici". Notare che in inglese, “a job” vuol dire appunto “un posto di lavoro”. La ministra ha detto più e nemmeno quello che dice la nostra Costituzione, come peraltro interpretata -già dal lontano 1965- dalla Corte Costituzionale: “i principi generali di tutela della persona e del lavoro … non si traducono nel diritto al conseguimento ed al mantenimento di un determinato posto di lavoro” (vedi ordinanza 56/2006) Ecco quindi una polemica inventata, alimentata da una stampa che nel limitarsi a riportare le varie reazioni politiche strampalate, non si preoccupa di andare a leggere cosa sia stato effettivamente detto informandone i lettori. Facciamo questo appunto non tanto per entrare nel merito delle dichiarazioni della ministra, ma per mettere in evidenza quanto il dibattito politico italiano sia incentrato sul nulla e i danni che questo urlio ci ha provocato e ci provoca, distogliendo l’attenzione sui veri problemi. Il tutto alimentato da una stampa pigra, compiacente e spesso pronta a cavalcare le polemiche invece di fare ciò che dovrebbe: informare. La riforma della politica italiana passa anche da una profonda autoriforma del giornalismo nostrano, ovvero di quel “potere” che dovrebbe vigilare sui governanti e informare i cittadini per permettergli di fare scelte adeguate. E non invece trasformarsi in una sorta di megafono del nulla.

Pietro Yates Moretti, vicepresidente Aduc