Aumenta il conto della manovra che lunedì verrà approvata dal Consiglio dei ministri. Una correzione dei conto pubblici quantificata non più in 6-7 miliardi di euro, come si vociferava fino a oggi, ma 10. "Questo perchè -scrive il CORRIERE DELLA SERA – alle risorse necessarie in tutto o in parte l’aumento di due punti dell’Iva, che altrimenti scatterebbe a ottobre, si aggiungeranno i miliardi per finanziare l’emergenza nelle zone terremotate dell’Emilia e le cosiddette spese ‘esigenziali’ (5 per mille, missioni militari, eccetera). Non ci sarebbe invece, per il momento, nessun buco nelle entrate della prima rata dell’Imu. Il sistema bancario avrebbe già ‘attribuito’ 9 miliardi di euro rispetto ai 9,7 attesi. E questo mentre mancherebbero ancora le comunicazioni di alcune banche. Ma per una conferma di queste indiscrezioni sui dati sarà bene aspettare la prossima settimana quando, dicono al Tesoro, sarà fatto un primo punto sugli incassi dalla nuova imposta sugli immobili. Il presidente del Consiglio, Mario Monti, ha allertato i ministri a partire da domenica alle 18. Per ora è prevista una riunione preparatoria del Consiglio dei ministri previsto per il giorno successivo, anche se ieri è circolata la voce di un anticipo del consiglio a domenica sera, dopo che questa ipotesi è stata ventilata dal segretario del Pdl, Angelino Alfano. Ma, al momento, fonti governative confermano: il consiglio di ministri ci sarà lunedì, dopo le riunioni gia’ fissate da Monti prima con i sindacati e poi con Regioni ed enti locali. Ieri il ministro della Pubblica amministrazione, Filippo Patroni Griffi ha spiegato: ‘Se ci saranno eccedenze di personale, ci sono già gli strumenti per gestire il problema in maniera non traumatica’. Le ipotesi più temute dai sindacati sono la messa in mobilità per due anni (con l’80% dello stipendio) dei dipendenti più anziani, il taglio delle tredicesime e dei buoni pasto. Quanto alle Regioni, i tagli piu’ avversati riguardano la Sanità. Secondo l’assessore alla Sanita’ della Lombardia, Luciano Bresciani, i tagli alla spesa sanitaria potrebbero arrivare a 8 miliardi in tre anni. Protestano i sindacati, ma anche altre categorie. ‘Nuovi tagli a carico delle farmacie sono insostenibili e inaccettabili’, dice Federfarma che minaccia la chiusura degli esercizi. Assobiomedica protesta invece contro la paventata riduzione della spesa per acquisti di dispositivi medici: ‘Se l’unico parametro di valutazione sara’ il basso costo, i pochi soldi che si pensa di risparmiare con questi tagli faranno perdere posti di lavoro’. Molto ci si aspetta dal pacchetto messo a punto dal supercommissario Enrico Bondi, il cuore dell’operazione di revisione della spesa pubblica (spending review): la stretta sugli acquisti di beni e servizi sara’ molto forte e dovrebbe riguardare non solo ministeri ed enti centrali, ma colpire anche la spesa decentrata, quella piu’ spesso fuori controllo. Tagli arriveranno agli incentivi alle imprese (pacchetto Giavazzi) mentre non sarebbero ancora pronti i tagli alla spesa dei ministeri, che sono quelli piu’ in ritardo nella spending review e dove piu’ forti si sono manifestate le resistenze".
LA STAMPA si sofferma sulla scure del governo che si abbattera’ sui prefetti: "Uno spettro si aggira per i corridoi ministeriali. Si chiama Enrico Bondi. La sua indicazione, prontamente recepita dal premier, che ha gia’ dato l’esempio alla presidenza del Consiglio e al ministero dell’Economia, di sfoltire del 20% i ranghi dei dirigenti e del 10% quella dei funzionari, fa tremare molti. I duecento prefetti del ministero dell’Interno, ad esempio, classico esempio di ossequenti alti dirigenti dello Stato, colonna dorsale del Viminale, osservano sgomenti le mosse del governo e attendono trepidanti l’appuntamento di lunedi’ quando il governo incontrera’ i sindacati per illustrare le sue decisioni in merito alla ‘spending review’. Nell’agenda del governo c’è l’obiettivo di razionalizzare il settore pubblico: questo comporta la migliore allocazione delle risorse, se poi ci saranno eccedenze di personale, ci sono gia’ gli strumenti per gestirle e non in maniera traumatica’. Lo strumento a cui il ministro fa riferimento è la mobilità territoriale, che significa doversi trasferire da una sede all’altra. Da una citta’ all’altra. La paura maggiore dei sindacati, però, si chiama ‘Aspi’, è un assegno pari all’80% dello stipendio previsto dalla riforma Fornero, vale due anni, e finisce con un licenziamento se il pubblico dipendente nel frattempo non trova un’altra ricollocazione nell’ambito della Pubblica amministrazione.
‘Ma e’ inutile fare discorsi prima di vedere cosa succede’, conclude Patroni Griffi".