Sulla giornata mondiale contro la droga, parole, riflessioni, approfondimenti, a tal punto che mettere giù queste righe crea qualche resistenza, come se stessi vivendola come una sorta di compitino, a cui però mi sarebbe piaciuto sottrarmi. La mia dubitosità nasce dal muro di indifferenza che circonda il disagio sociale e relazionale, adolescenziale e adulto, sull’uso e lo spaccio di droga, sull’abuso della violenza in ogni territorio della diseducazione. E’ una indifferenza che non fa prigionieri, che non lascia impronte, non teme minimamente i titoli di coda, è un comportamento quotidiano, mascherato di grandi impegni, di rivendicazione dei valori più profondi, del rispetto degli altri, delle regole stesse della civiltà. Mentre la crisi abbatte la speranza, la politica fa acqua da tutte le parti, la povertà del pane insegue quell’altra della dignità, c’è una sorta di fermo immagine, di tenue preoccupazione per i pericoli derivanti dall’uso e abuso delle sostanze, dallo stile di vita improntato allo scontro fisico e verbale, non solamente all’interno dei recinti giovanili, ma anche e soprattutto nelle aree ben delimitate del mondo adulto. Le idi di marzo di questa umanità contemporanea non possono essere ascritte alla sola generazione stanca che conta gli anni di età attraverso lo sbadiglio, forse più prossimità hanno con la truppa adulta, che se non complice dello sfascio, è sicuramente corresponsabile degli errori dimenticati, fino al punto da scambiare il proprio posto a tavola con quello dei figli.
Le droghe, tutte, nessuna esclusa, le prepotenze e le violenze, incluse quelle che non sono mai di casa nostra, piuttosto in quella accanto. In questa pedagogia scombinata e truffaldina, è molto facile perdere di vista la patologia più bisognosa di interventi efficaci e urgenti, è molto semplice sfuggire le proprie responsabilità, diffondendo il verbo che i ragazzi di oggi, come quelli di ieri, nascono così, con una forte propensione a passare gli esami di maledetti per forza. Quando accade di ascoltare affermazioni come queste, c’è la riconferma di un tradimento culturale, una difesa incapace di nascondere tanta inadeguatezza: alcuni di questi ragazzi pervengono all’inciampo perché li abbiamo addestrati così malamente a fronteggiare l’impazienza, preferendo la rinuncia alla lotta. Si tratta di indifferenza quando l’attenzione è dirottata verso altre aree più opulente e vantaggiose alle nostre esigenze-aspettative, rafforzando una collettività così dissociata da accettare senza troppi mal di pancia le opinioni che “fanno meno male“. C’è un gran s-parlare sul nuovo sistema di welfare, con il risultato di non consentire domande e risposte comprensibili per opporci allo sbaraglio di tanti ragazzini, invece si predilige lo spostamento delle problematiche altrove, introducendo di volta in volta ciò che potrebbe essere innocuo, legalizzato, se non addirittura liberalizzato. Ciò produce un messaggio ambivalente, una toponomastica del disagio manipolato, soprattutto una indifferenza feroce che toglie valore non soltanto ai ragazzi che svendono la propria vita, ma anche al ruolo e alle competenze di chi è preposto ad accogliere e accompagnare, a verificare e curare, dentro un percorso di ri-conquista della propria dignità personale, quindi al rispetto della vita stessa.
Istituire la giornata mondiale contro la droga non è solamente un dovere istituzionale per sottolineare le illegalità dell’uso e dello spaccio delle sostanze stupefacenti, nella violenza delle mafie per mantenere inalterato il più grande business dell’era contemporanea, è anche altro, un’azione preventiva affinchè questa metastasi non abbia a espandersi ulteriormente, una scelta-azione di libertà individuale e collettiva, che mette il più possibile al sicuro il futuro inviolabile dei giovani: ciò sarà possibile con un confronto e un dialogo che si costruisce insieme, però in ogni giorno dell’anno, in ogni agenzia educativa, in ogni comunità di servizio e terapeutica della nostra penisola.
Vincenzo Andraous