Come promesso concludo le mie letture estive con la mirabile sintesi del professore Massimo Introvigne sul viaggio apostolico di Benedetto XVI nella Repubblica Ceca dal 26 al 28 settembre 2009. Riprendo dalla rivista trimestrale Cristianità, Il titolo redazionale: “Dopo il lungo inverno della dittatura comunista”. Il viaggio apostolico di Benedetto XVI nella Repubblica Ceca. (n.354, ott.-dicembre 2009) Il Pontefice nel corso del viaggio affronta quattro temi: 1 Il crollo del comunismo nell’Europa centrale ed orientale nel 1989; 2 Le ferite del comunismo che ancora restano aperte; 3 I rischi e le ombre del post-comunismo; 4 Le strategie perché ‘dopo il lungo inverno’, possa venire non una contraffazione della primavera, ma una vera primavera autentica.
Papa Ratzinger, scrive Introvigne è molto legato agli anniversari, anche in questo viaggio ne ricorda alcuni fra loro collegati. Oltre a quello della caduta del Muro e della visita di Giovanni Paolo II nel 1989, ricorda la morte del cardinale Joseph Beran nel 1969, e la canonizzazione di Sant’Agnese di Praga. A vent’anni dalla caduta del muro ancora non si è fatta una adeguata riflessione su quegli eventi. Piuttosto sembra che si voglia a tutti i costi dimenticare il comunismo e il 1989. Invece, è necessario fare memoria del carattere disumano e drammatico del sistema comunista,“dittatura basata sulla menzogna”; a volte sembra un passato che non vuole passare che, di fatto, non passerà finché non sarà adeguatamente affrontato. Attenzione, affrontarlo però, significa fare i conti con le sue radici anti-cristiane, che sono più antiche del comunismo, e che in altre forme continuano a produrre ancora oggi frutti di morte. Ecco perché molti preferiscono rimuovere o accantonare la sua memoria e i suoi crimini, perché fare i conti con il passato comunista coinvolgerebbe il giudizio sul presente. Certo, oggi possiamo dire che il comunismo è una “ideologia totalitaria fallita”, ma prima di fallire ha seminato in Europa e nel mondo lutti che non ci è consentito rimuovere dalla memoria. Pertanto, celebrando “il ventesimo anniversario della ‘Rivoluzione di velluto’ in Cecoslovacchia e di analoghi eventi che nel 1989 posero fine ai regimi comunisti in altri paesi, occorre pure non dimenticare di ringraziare il Signore, di ‘(…) rendere grazie a Dio per la vostra liberazione da quei regimi oppressivi”. Il Pontefice, ricordando il cardinale Joseph Beran, che trascorse un lungo periodo dal 1949 al 1963 fra carcere e confino, afferma che come così non bisogna dimenticare i misfatti del comunismo, nello stesso tempo, non bisogna dimenticare la resistenza di “tanti vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli che hanno resistito con eroica fermezza alla persecuzione comunista, giungendo persino al sacrificio della vita”. Infine Benedetto XVI ricorda S. Agnese di Praga, beatificata da Giovanni Paolo II nel 1989, principessa medievale, figlia del re Ottokar I°, un evento che ha annunciato la liberazione del Paese dall’oppressione atea.
A questo punto della sintesi, il professore Introvigne, apre una riflessione sulla questione delle persecuzioni nella Chiesa e si domanda: fanno bene o male? Anche perché il Papa, dopo il viaggio nella Repubblica Ceca, aveva tracciato un bilancio sulle conseguenze e sul costo della lunga persecuzione del totalitarismo ateo. La questione è stata ampiamente dibattuta dagli storici per esempio in relazione alla Rivoluzione Francese, dove, certamente l’esempio dei martiri e della resistenza in Vandea ha convinto e convertito molti, ma nello stesso tempo, la tempesta rivoluzionaria ha prodotto un calo notevolissimo della pratica religiosa in Francia. “I persecutori – scrive Introvigne – hanno successo e raggiungono il loro scopo di scristianizzazione, ecco perché la Chiesa non si augura persecuzioni”. Il ragionamento sulla Francia vale per la persecuzione comunista e quindi per la repubblica Ceca, che è uno dei paesi del mondo con la più bassa partecipazione alla Messa cattolica e ai culti di altre comunità e Chiesa cristiane. Il Papa ricorda l’euforia che ne seguì dopo la libertà raggiunta, ma ben presto, questa euforia si dimostrò ambigua. Infatti, rimangono alcune domande in sospeso: “Per quale scopo si vive in libertà? Quali sono gli autentici tratti distintivi?”Benedetto XVI fa riferimento alla sua enciclica Caritas in Veritate, dove ricorda che “la vera libertà presuppone la ricerca della verità”, e questo vale sia per il singolo che per la società e la politica. Il Papa non può non ricordare come spesso le società post-comuniste, spesso, sono affascinate “dalla moderna mentalità del consumismo edonista, con una pericolosa crisi di valori umani e religiosi e la deriva di un dilagante relativismo etico e culturale”. Il relativismo fa male, porta atteggiamenti di ripiegamento su se stessi, di disimpegno e perfino di alienazione. Questo disfacimento strutturale non è un processo spontaneo, secondo il Papa, ci sono dei veri e propri teorici ed organizzatori del degrado relativista. In uno dei suoi discorsi nella repubblica Ceca, il Pontefice afferma che “alle conseguenze del lungo inverno del totalitarismo ateo, si stanno sommando gli effetti nocivi di un certo secolarismo e consumismo occidentale” e così la società che si è liberata del comunismo, ora si trova a “contrastare una nuova dittatura, quella del relativismo abbinato al dominio della tecnica”, quella tecnocrazia che il Papa ha tanto vigorosamente denunciato nell’enciclica Caritas in Veritate. Dopo l’inverno comunista, bisogna lottare per un’autentica primavera. I cattolici devono stare in prima fila, alla desolazione della società post-comunista, occorre reagire non ripiegando su se stessi, ma scendendo in campo con un’azione apologetica e missionaria. Il viaggio del Papa termina con un bel quadro, mi riferisco a quel recupero a cui auspica da qualche tempo Benedetto XVI: Il vero, il buono e il bello. Tutti i cattolici sono chiamati a questo recupero. Qui il Papa, affida ai fedeli un vero programma socio-culturale e religioso. 1 Per il vero. Il coraggio della missione dev’essere anzitutto apologetico: “il coraggio di presentare chiaramente la verità”. 2 Per il buono. E’ un tema che si ripete in tutti i viaggi degli ultimi due Pontefici, in sostanza ciascun Paese cristiano è invitato a ritornare alle sue radici cristiane. Ovunque, scavando nelle radici, si trovano santi e uno speciale legame con la Madonna. Una memoria che rischia di perdersi, soprattutto tra i giovani. Anche nella storia della repubblica Ceca c’è il ripetuto e meraviglioso intervento di Dio, che suscita santi, spesso anche tra principi, re e regine, veri padri dei loro popoli. Praga conosce l’epopea del re martire, San Venceslao.
3 Per il bello. Torna sul tema a lui molto caro della via pulchritudinis; il cammino della fede può iniziare a partire dalla bellezza. E qui il Papa dà una lettura stupenda del suo viaggio a Praga, il cuore dell’Europa. Tanta gente viene qui per visitare le sue bellezze, ma il Papa propone non sole quelle estetiche, ma quelle che portano a Dio. Termina con una meditazione sulla memoria della storia dell’Europa e sulla bellezza, sul buono e sul bello che s’incontrano al castello di Praga: “Il castello di Praga, straordinario sotto il profilo storico e architettonico (…) esso racchiude nel suo vastissimo spazio molteplici monumenti, ambienti e istituzioni, quasi a rappresentare una polis, in cui convivono in armonia la Cattedrale e il Palazzo, la piazza e il giardino (…) l’ambito civile e quello religioso, non giustapposti, ma in armonica vicinanza nella distinzione”. Concludo con un auspicio: forse a partire dalla bellezza si potrà salvare l’Europa scristianizzata, invecchiata e senza speranza.
DOMENICO BONVEGNA