Bersani fa barricate, ma nel Pd crescono dubbi

Il timore di finire in una trappola sulla legge elettorale è sempre più forte al vertice del Pd, il segretario Pier Luigi Bersani vede mettersi in moto un meccanismo che può finire per compromettere seriamente la sua corsa verso palazzo Chigi, se in Parlamento si verificherà una saldatura Pdl-Lega-Udc. Il capo dello Stato, del resto, è tornato a farsi sentire e ora i presidenti delle Camere hanno il via libera a portare la materia in Aula per cercare di superare lo stallo che si è creato tra i partiti. Ma il passaggio in Aula è pericoloso, per Bersani, perché rischia di far crollare le barricate erette dal segretario per evitare una legge che porti ad un’assenza di maggioranze nelle urne e, quindi, apra la strada al ‘Monti-bis’, o qualcosa del genere. Una parte non piccola del Pd, infatti, è convinta che non si possa restare con il ‘cerino in mano’ e che la posizione ‘aventiniana’ evocata oggi da Bersani non sia sostenibile a lungo.

Il segretario ha oggi lanciato una sfida: "Non dialogheremo più di legge elettorale con chi non ha anche la forza o la capacità di mettere una proposta sul tavolo". Bersani è pronto a cambiare la legge, ma non a votarne una tagliata su misura per creare una situazione di ‘impasse’. La sua frase mette alla prova Pdl e Udc, visto che comunque Silvio Berlusconi non ha ancora detto una parola chiara al riguardo. Ma il timore di molti, anche di area vicina al segretario, è che la ‘barricata’ possa non bastare.

Finché il Pdl non esce dallo stallo in cui si trova da settimane, è il ragionamento che viene fatto dai democratici al Senato (dove la legge elettorale è in agenda) Bersani può giocare la carta usata oggi. Ma se il Pdl in Aula fa un passo, con una legge a base proporzionale, le preferenze e un premio al primo partito, è probabile che l’Udc e la Lega convergano. A quel punto i tanti dubbi che ci sono anche nel Pd verrebbero allo scoperto.
Enrico Letta ha più volte ricordato ai suoi compagni di partito che bisogna accettare "un compromesso" se si vuole cambiare il famigerato ‘Porcellum’. Massimo D’Alema, raccontano, sarebbe molto scettico sulla linea di dire "premio del 15% alla coalizione e niente preferenze o non se ne fa nulla". Lo stesso Walter Veltroni pare non sia convinto dell’idea di un Pd che rischia di passare per difensore del ‘porcellum’, senza contare che sulle preferenze non ci sarebbe la chiusura nemmeno di Rosy Bindi e Dario Franceschini.

Bersani, raccontano, finora ha stoppato tutte queste riflessioni con un argomento forte: il Pdl e l’Udc non vogliono che noi vinciamo le elezioni, non possiamo certo fare il loro gioco. Ma se il Pdl arrivasse a proporre un premio del 15% al primo partito insieme alle preferenze, diventerebbe difficile continuare a dire no. E, in generale, se la proposta andrà sufficientemente incontro alle richieste del Pd, il fronte dei ‘trattativisti’, perlopiù ‘montiani’, farebbe sentire la propria voce.