Nuovo anno scolastico, vecchi problemi irrisolti

Tutti lo sanno ma pochi hanno il coraggio di ammetterlo e ancora meno il coraggio di intervenire. La scuola italiana, che questa settimana ha riaperto i battenti, è inadeguata e più si va al sud peggio è! I test Invalsi dello scorso anno scolastico hanno confermato che i punteggi ottenuti dagli studenti delle scuole meridionali si collocano, infatti, ben al di sotto della media nazionale.
Nella scuola secondaria di primo e secondo grado, il punteggio medio raggiunto nel Mezzogiorno è stato pari a 194 punti rispetto ai 211 ottenuti dal Nord. Come si vede i dati del rapporto Invalsi evidenziano che lo stato di salute del sistema scolastico italiano, e in particolare quello meridionale, è gravemente compromesso da una serie di patologie. Le mancate soluzioni di questi problemi, ormai reiterati negli anni, è la prova che l’Italia non si vuole occupare della scuola, ritenendo forse che l’investimento nelle formazioni delle nuove generazioni sia un fattore banale. L’ultima volta che in Italia ci si occupò seriamente di scuola fu durante il Fascismo quando il regime capì che il Paese doveva dotarsi di una ottima classe dirigente per diventare una grande potenza, per questo la riforma Gentile puntò molto sulla figura del professore di liceo. Da 40 anni in qua (all’incirca dopo il 1968) invece non c’è più stato un progetto di formazione e tutto è stato lasciato al caso. Ma solo migliorando la qualità dell’insegnamento si consentirebbe, alle giovani generazioni di ottenere un livello di istruzione e formazione pari ai loro coetanei dei Paesi più avanzati. L’Italia, si trova a essere fanalino di coda a causa di un approccio errato sulla “questione scolastica”. Essa è stata affrontata privilegiando l’aspetto occupazionale dei docenti piuttosto che la qualità e la preparazione dei discenti. Ma per aver studenti preparati ci vogliono docenti preparati. Come si può pretendere che i nostri giovani siano prepararti se, a monte, il problema del metodo di reclutamento del corpo docenti è stato finora affrontato in maniera demagogica? Dispiace ammetterlo, ma l’attuale sistema “sfrutta” la piaga del precariato all’interno del mondo della scuola. Il sistema delle graduatorie dei docenti è automatico reclutando gli insegnanti senza alcun criterio selettivo e meritocratico. Tutto gira attorno alla speranza (talvolta anche illusione) degli insegnanti precari, che dopo anni di permanenza nel “limbo” delle graduatorie ottengono la tanto agognata cattedra. Come nel resto del mondo e come ogni altro ambito dell’impiego pubblico bisogna far ritornare in auge il principio del concorso pubblico. Per realizzare questa ovvietà in Italia bisognerebbe sfidare le ire dei sindacati più conservatori e la sollevazione “indignata” della sinistra più ideologica che ragiona ancora come 40 anni fa. Per fortuna qualcosa sta cambiando anche a sinistra, anche se con posizioni ancora minoritarie. Una di queste eccezioni è Maria Letizia De Torre, del PD, e che ha ricoperto l’incarico di sottosegretario all’Istruzione durante il governo Prodi, 2006/2008.
La De Torre ha sconvolto i suoi compagni di partito con una proposta che delinea un modello di scuola fortemente “autonomista” e un sistema di reclutamento “liberalizzato”, con sistemi e criteri selettivi più rigorosi, consistenti nell’istituzione di un corso-concorso al quale è possibile accedere solo previa acquisizione di un master di secondo livello e la conoscenza di almeno una lingua straniera. Ma soprattutto la De Torre sostiene l’istituzione di un apposito albo professionale dal quale le scuole sarebbero libere di attingere il personale docente di cui necessitano, senza dover subire le conseguenze negative derivanti dal sistema delle graduatorie. In altre parole fine dell’anzianità di servizio e inizio della valorizzazione delle competenze e del merito. Proprio quello che si fa nelle scuole paritarie, che dati alla mano sono tra le migliori del Paese, oltre al fatto che sono quelle che costano allo Stato 1/3 in meno di quelle pubbliche. Il percorso come si vede è ancora lungo ma il fatto che il buon senso comincia di nuovo a farsi largo, e che destra e sinistra cominciano a ragionare su basi costruttive 3è segnale di speranza.

Alessandro Pagano