Costi politica, verso dl e ddl revisione federalismo

Il governo intende intervenire il più celermente possibile sui costi della politica. "Lo strumento individuato, stante la sensibilità del Capo dello Stato sull’argomento, è quello del decreto.
La macchina di Palazzo Chigi che istruisce la pratica e’ gia’ partita. L’operazione potrebbe arrivare a compimento gia’ la prossima settimana – scrive Antonella Rampino a pagina 7 della Stampa – . E sarebbe una doppia carta di non poco valore, per Monti, presentarsi al prossimo Consiglio europeo del 18 ottobre con la legge anticorruzione approvata e i costi della politica sotto controllo. Su quest’ultimo punto, del resto, sin da giugno sul tavolo di Mario Monti c’e’ il piano Amato il cui testo non è mai stato reso di pubblico dominio, e che centra l’obiettivo primario di <<chiudere il rubinetto>>, per cosi’ dire, dei flussi finanziari. Un testo che (a differenza del <<piano Giavazzi>> sulla fase numero tre della spending review) non e’ pervenuto a Palazzo Chigi, per motivi di cortesia istituzionale, gia’ scritto in forma di articolato. Ma che e’ stato formulato in punti, e in modo tale da poter esser trasformato assai agevolmente in una vera e propria legge. Anche per questo, pur essendo sempre aperto il canale tra i due professori, Monti e Amato, e pur essendo entrambi a New York, non si e’ reso necessario un contatto tra i due sulla materia. Il cuore del piano Amato prevede di agire sul Tesoro, erogatore dei fondi, riducendo i rimborsi elettorali. La quantita’ delle erogazioni deve ‘evitare il formarsi a beneficio dei partiti di eccessive liquidita’.
Ammettere il finanziamento diretto ‘solo in ragione percentuale a quanto ottenuto dai partiti con erogazioni liberali’. Consentire i finanziamenti privati da persone fisiche, anche da persone giuridiche ‘entro limiti quantitativi e in regime di massima trasparenza’. Ogni contribuzione cessa allo scioglimento del partito. Il controllo e’ affidato alla Corte dei Conti, come del resto previsto dall’articolo 100 della Costituzione. Un punto importantissimo: finora, si puo’ operare per esempio sulle ricevute degli sperperi di un Fiorito solo una verifica di conformita’, ovvero se la ricevuta presentata corrisponde a quanto speso, e non entrare nel merito di come si usa quello che e’ pubblico denaro. E in piu’, regolamentare le lobbies e mettere su internet ‘donatori e finanziatori per ciascun partito e per i candidati di ogni livello’". Ma l’opzione decreto legge non e’ la sola alla quale sta lavorando Palazzo Chigi. "Anche perche’ – scrive Marco Rogari a pagina 5 del Sole 24 Ore – Monti sta valutando con attenzione l’opportunita’ di varare una vera e propria riforma dell’assetto e del funzionamento delle Regioni. Un intervento non troppo gradito ai Governatori che ieri hanno glissato sull’argomento e che, non a caso, puntano tutto su un decreto dal raggio non troppo vasto. A confermare che il Governo ‘e’ orientato’ a presentare un disegno di legge costituzionale che intervenga sulle competenze delle regioni e’ stato ieri il ministro della Pubblica amministrazione, Filippo Patroni Griffi, nel corso di un’audizione alla commissione Affari costituzionali della Camera. ‘Il Governo sta riflettendo – ha detto Patroni Griffi – se un Ddl costituzionale potrebbe essere approvato in tempo utile per la fine della legislatura. Ma e’ orientato a presentarlo comunque, perche’ partendo da esso nella prossima legislatura si possa riflettere sull’autonomia regionale’. In particolare, tra le opzioni allo studio c’e’ quella di un intervento sul titolo V della Costituzione, sia sul fronte della legislazione, riattribuendo all’esecutivo maggiori margini di manovra per adottare misure in settori come turismo, energia e infrastrutture, sia su quello dell’autonomia finanziaria e di spesa". Proprio ai costi del federalismo e’ dedicata l’inchiesta che apre il Sole 24 ore. "Dal 2001 a oggi – si legge a pagina 3 – i tributi propri delle Regioni (Irap e addizionale Irpef in primis) sono aumentati del 38%, e in riferimento al 2012 si puo’ stimare un aumento intorno al 50%: la sola addizionale Irpef e’ passata dai 5,8 miliardi del 2008 ai 9,7 incassati nel 2011, e nei decreti attuativi del federalismo approvati l’anno scorso e’ prevista la possibilita’ che raddoppi rispetto ai livelli attuali. Nello stesso tempo, pero’, le richieste dello Stato centrale si sono ben guardate dal diminuire: tra 2001 e 2010, anzi, i tributi erariali sono cresciuti secondo la Ragioneria generale del 31,6%, e nemmeno in questo caso si possono attendere buone notizie quando sara’ disponibile il consuntivo 2012. Intanto i trasferimenti sono andati a onde, prima di entrare nella stretta attuale della spending review.
Da questo punto di vista, il federalismo che ha dominato il dibattito politico degli anni 2000 non si e’ comportato diversamente dal decentramento che si e’ sviluppato negli ultimi trent’anni del secolo scorso. Anche qui, sono i numeri a venire in soccorso: tralasciando i primi 20-25 anni di vita, quando le Regioni avevano tutto sommato un ruolo marginale e ancorato ai trasferimenti statali (i tributi propri nel 1990 valgono ancora meno di un punto di Pil), il protagonismo regionale in campo fiscale arriva nel 1997 con l’istituzione di Irap e addizionale Irpef. Risultato: nel 1998 i tributi propri regionali sono balzati a quota 43 miliardi di euro, poco meno di 4 punti di Pil dell’anno, e da allora sono cresciuti costantemente fino ai 77-78 miliardi registrati nel 2009-2010 (5 punti di Pil). Al conto va poi aggiunta la ricca compartecipazione all’Iva, introdotta nel 2000 (con il Dlgs 56) per finanziare la sanita’, vale a dire la voce di gran lunga piu’ pesante nella contabilita’ regionale. Fedele alla parola d’ordine del gigantismo, la compartecipazione nel giro di 12 anni e’ raddoppiata, passando dal 25,7% delle origini al 50% abbondante dell’ultimo patto per la salute. Negli incassi del 2011 vale 57,5 miliardi, per cui il peso reale del Fisco che finanzia le Regioni arriva a superare il 9% del Pil. Anche in questo caso, il crescente protagonismo regionale non e’ riuscito a frenare il fisco statale al punto che, dopo una lieve flessione fra 2000 e 2005 dovuta piu’ alla crescita del prodotto interno che a diminuzioni di tasse, la pressione fiscale ha gia’ superato quest’anno il picco del 1997 (anno dell’Eurotassa. Dal 27% registrato nel 1970 (anno di nascita delle Regioni) si è ora arrivati al 44,7%" (…).