Per la particolare gravità della campagna intimidatoria e diffamatoria – che ha coinvolto un giudice, una ragazzina minorenne e la sua famiglia, tutti "sbattuti in prima pagina" – per la presenza di numerosi precedenti penali commessi in pochi anni, per l’assenza di scuse e rettifiche ed, anzi per l’ostinazione nel continuare a diffondere menzogne, Alessandro Sallusti – attuale direttore de ‘Il Giornale’ – deve scontare la condanna a 14 mesi di reclusione perch‚ non ci sono motivi per concedergli la sospensione condizionale della pena e le attenuanti. A scriverlo è la Cassazione nella sentenza 41429 che, in 26 pagine, spiega perch‚ lo scorso 26 settembre ha confermato il verdetto emesso dalla Corte di Appello di Milano, il 17 giugno del 2011, in relazione a due articoli comparsi il 18 febbraio 2007 su ‘Libero’, allora diretto da Sallusti.
La Suprema Corte non perdona al direttore il suo "meditato consenso" e la sua "consapevole adesione" allo scritto anonimo, firmato Dreyfus – dietro il quale si nascondeva Renato Farina, il giornalista dimessosi dalla professione dopo aver ammesso di aver preso soldi dai servizi segreti e di aver depistato l’opinione pubblica – nel quale si invocava la morte del giudice tutelare Giuseppe Cocilovo. Gli si addebitava di aver ordinato a una tredicenne di abortire portandola alla follia. In proposito, la Cassazione osserva che già il giorno precedente la pubblicazione degli scritti diffamatori, una simile ricostruzione dei fatti – avanzata per prima da ‘La Stampa’, che ha subito ammesso la ‘colpa’ e ha risarcito il giudice – era stata smentita non solo da molti ‘lanci’ dell’Ansa, ma anche dal Tg regionale di Rai3 e dal giornale radio di Rai2. In realtà la ragazzina – figlia adottiva, con problemi da sempre – voleva abortire e prima della data fissata, era stata ricoverata per assunzione di alcol e stupefacenti. Tre giorni dopo l’intervento, la minore – su richiesta della madre che si stava separando e non riusciva a gestirla avendo anche un altro figlio gravemente malato – veniva ricoverata per poco piú di un mese in un reparto di psichiatria infantile per le sue patologie pregresse. In seguito – racconta sempre la Suprema Corte ripercorrendo la verità dei fatti – veniva affidata ad una comunità. Per non far sapere queste traversie al padre, madre e figlia si erano rivolte al giudice per ovviare alla mancanza del suo consenso. La Cassazione da’ atto a ‘Il Giornale’, ‘Il Corriere della Sera’ e ‘La Repubblica’ di aver "fornito chiara e leale informazione" su questo drammatico caso nello stesso giorno in cui ‘Libero’ imbastiva la sua "illecita strategia di intimidatrice intollerenza". Infatti a Cocilovo arrivarono, ricorda en passant la sentenza, diverse minacce.
"Il dolo" di Sallusti, per la Cassazione, risulta "ulteriormente rafforzato" sia "dalla mancata rettifica della notizia palesemente falsa", sia dal prosieguo, nei giorni successivi, della "crociata" contro il magistrato. L’Alta corte avverte che "il diritto di mentire" non c’è e che ai giornalisti non puó essere riconosciuta una "zona franca" – tanto piú dietro il paravento dello pseudonimo – perch‚ non lo prevedono n‚ le leggi, n‚ "il razionale senso comune". Questo processo – conclude il verdetto – è nato perch‚ una "legittima posizione critica" ‘antiabortista’ ha avuto "come premessa e base storica fatti mai avvenuti e mai commessi" , usati "come espediente per aggredire onore e reputazione di chi professa e pratica idee non condivise".