Europa spaccata a metà nel corretto utilizzo degli antibiotici, soprattutto quando si parla di bambini. Se al Nord Europa (quali Inghilterra, Germania e Belgio) questi farmaci si utilizzano ‘meno’ e ‘meglio’, più indietro rimangono Paesi come Italia, Grecia e Spagna. Se poi mettiamo a confronto i Paesi Europei con quelli meno sviluppati (ad esempio, Asia o Africa), il divario aumenta. A incidere sul problema, sono anche fattori di tipo economico, culturale e sociale.
Sono questi alcuni dei punti salienti emersi dal progetto ARPEC, uno studio di sorveglianza finanziato dall’Unione Europea (UE) nel 2010 e i cui risultati sono stati presentati a Tallinn in Estonia. Tra gli italiani aderenti al progetto, Susanna Esposito, Direttore della UOC Pediatria 1 Clinica della Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, che ha commentato i dati raccolti in Italia. Secondo lo studio, nel Nord Europa esiste una prevalenza (numero di pazienti trattati almeno con un antibiotico, su 100 pazienti) piu’ bassa nell’uso di antibiotici, con circa il 30%, rispetto al Sud Europa, con circa il 38%. Discorso a parte per la Romania che presenta un picco di prevalenza nell’uso di antibiotici del 72%. Guardano al di fuori dell’Europa (Asia e Sud Africa) nei reperti pediatrici e neonatali si registra una prevalenza nell’uso di antibiotici del 44%, maggiore rispetto a quelli Europei con il 35.4%. In Italia, il consumo di antibiotici arriva a circa il 38% posizionando il nostro Paese al penultimo posto, dopo Portogallo (28.5%) e Spagna (37,7%). Medaglia nera alla Grecia, con un utilizzo che raggiunge il 40%.
‘Gli antibiotici – ha sottolineato la professoressa Esposito – sono farmaci preziosi, molto utili in presenza di specifiche infezioni, ma che non funzionano o addirittura possono essere dannosi qualora non vengano utilizzati in modo corretto. E’, quindi, molto importante che siano somministrati solo quando li prescrive il pediatra, dopo aver fatto un’attenta diagnosi della patologia presentata dal bambino’. Un elemento di estrema importanza e’ quello della resistenza antimicrobica, che rappresenta un problema mondiale di sanita’ pubblica: ogni anno, la presenza di batteri resistenti ai medicinali antibiotici provoca la morte di circa 25.000 persone. Oltre ai decessi, il fenomeno comporta un surplus di spese per le Sanita’ Pubbliche e perdite di produttivita’ per almeno 1,5 miliardi di euro. Inoltre, nelle diverse strutture sanitarie, la resistenza antimicrobica costituisce una minaccia particolarmente grave, che si manifesta sotto forma di infezioni contratte in seguito ad un ricovero in ospedale: basti pensare che, solo nell’Unione Europea, circa 4 milioni di pazienti soffre ogni anno di un’infezione connessa alle cure medico-sanitarie. Tra i fattori responsabili dell’insorgenza di questo preoccupante fenomeno ci sono non solo l’uso inadeguato di antimicrobici terapeutici – sia in medicina dell’uomo, sia in veterinaria – e l’impiego di antimicrobici a fini non terapeutici, ma anche ragioni di natura socio-economica e culturale. Per monitorare la resistenza antimicrobica ed il consumo di antimicrobici, l’Unione Europea ha istituito due diversi sistemi di sorveglianza: la Rete Europea di Sorveglianza della Resistenza Antimicrobica (ENSAR) ed il Controllo europeo sul consumo degli antimicrobici (ESAC) promuovendo, contemporaneamente, politiche di comunicazione per il corretto utilizzo degli antibiotici.