
Le donne italiane dedicano molto più tempo delle altre donne europee alle attività casalinghe e familiari: è questo uno degli elementi, secondo una ricerca realizzata da McKinsey, che pesano sulla scarsa occupazione femminile in Italia. La ricerca, presentata in apertura di una due giorni di dibattito della Fondazione Belisario a Firenze su ‘Donna, economia e potere’, evidenzia che la differenza tra il tempo dedicato dalle donne alle attività casalinghe e quello dedicato dagli uomini è tripla rispetto ai paesi nordici, doppia rispetto alla Germania e al Regno Unito, superiore di 3/4 rispetto alla vicina Francia. L’Italia, inoltre, si legge nella ricerca, è anche il paese a più basso tasso di part-time maschile (poco più del 5%), mentre in Svezia e Norvegia 15 uomini su cento fanno ricorso a questo strumento. La ricerca punta l’accento anche sullo scarso accesso agli asili nido e una bassa spesa pubblica in base al Pil e sul costo della maternità. In Germania e Francia, si sottolinea nella ricerca, si riconosce il 100% dello stipendio per il periodo obbligatorio (80% in Italia), nei paesi nordici l’80% per l’intero periodo facoltativo (30% in Italia).
Un altro elemento preso in esame per esaminare i motivi della scarsa occupazione femminili sono le scelte di lavoro: 2/3 delle ragazze laureate – si rileva – sceglie facoltà che danno minore possibilità di lavoro a tre anni e i cui sbocchi lavorativi sono peggio pagati, con differenze di remunerazione dell’ordine del 18-20% circa. Secondo la ricerca, un tasso di occupazione allineato agli obiettivi di Lisbona produrrebbe 2,7 milioni di posti di lavoro aggiuntivi. Il beneficio diretto per le famiglie italiane, si fa osservare, sarebbe quantificabile in oltre 20 miliardi all’anno di nuovi consumi e quasi 15 di nuovi risparmi investimenti. In Italia ci sono quasi 20 milioni di donne in età lavorativa, di cui quasi la meta’ inattive e 2,3 milioni impegnate nella gestione della famiglia.