DRAMMA LAVORO, QUASI 3 MILIONI IN CERCA

Si riaccende l’allarme lavoro, con il numero dei disoccupati che a settembre raggiunge un record storico, il livello più alto da almeno venti anni. Si tratta di un esercito di quasi 2,8 milioni di persone, tutti alla ricerca di un posto che non si trova. Una caccia sempre più drammatica, soprattutto per i giovani: tra gli under 25 oltre 600 mila sono senza lavoro. Ecco che il ‘bollettino’ dell’Istat non fa altro che registrare nuovi peggioramenti: anche il tasso di disoccupazione aggiorna il suo massimo, salendo al 10,8%, mentre per i ragazzi vola al 35,1%. Come se non bastasse il numero di coloro che un posto lo avevano va diminuendo. Allo stesso tempo si riversa sul mercato del lavoro, riscuotendo poco successo, una folta schiera di persone che in passato potevano permettersi di andare avanti senza un impiego. Insomma, lavorare diventa quasi un affare per pochi, basti pensare che a settembre la lista dei disoccupati si allunga di 62 mila nomi, prevalentemente uomini, nel giro di un solo mese e di 554 mila su base annua. I nuovi senza lavoro sono persone che hanno perso il posto (57 mila rispetto ad agosto) o che, dopo essersi mantenuti ai margini del mercato, sono state costrette dalla crisi a uscire allo scoperto. Si tratta quindi di ex inattivi, coloro che nè hanno un posto nè lo cercano: il loro numero cala di oltre mezzo milione di unità, probabilmente casalinghe o studenti che hanno deciso di mettersi sulle tracce di un impiego. Ma non è solo l’Italia a segnare record sul fronte disoccupazione, altrettanto fa l’Europa, nei paesi dell’Unione monetaria il tasso tocca l’11,6%, un nuovo picco. La quota risulta un po’ più bassa se si considera l’intera Ue (10,6%, anche la Penisola fa peggio), ma oramai la valanga dei senza posto è inarrestabile: nel Vecchio continente se ne contano ben 25,7 milioni. Una vera piaga, resa più dolorosa dalla questione giovanile, tra gli under 25 il tasso schizza a un nuovo massimo, trascinato in alto da Paesi come Grecia (55,6%), Spagna (54,2%), Portogallo (35,1%) e quindi pure Italia.