Mario Monti si è dimesso. Come aveva prannunciato l’8 dicembre il presidente del Consiglio è salito al Colle ieri sera, pochi minuti dopo l’approvazione definitiva della legge di stabilità. Oggi il Presidente della Repubblica aprirà le consultazioni con i presidenti delle Camere e i gruppi parlamentari, dunque nel pomeriggio firmerà il decreto di scioglimento delle Camere e pronuncerà un breve discorso, probabilmente intorno alle 17.
Già oggi potrebbe riunirsi il consiglio dei ministri per l’indizione dei comizi elettorali. Napolitano, su indicazione del ministro dell’Interno ha già individuato, nel 24 febbraio la data più idonea per aprire le urne.
Ma la "brusca" accelerazione impressa dalla decisione di Monti ha frustrato l’auspicio del Capo dello Stato per "una costruttiva conclusione della legislatura" che permettesse di "portare avanti la concreta attuazione degli indirizzi e dei provvedimenti definiti dal governo e sottoposti al Parlamento". Difatti nello sprint finale dei lavori è stato sacrificato anche quel disegno di legge sulle pene alternative al carcere che Napolitano aveva sollecitato. Il Presidente ha manifestato tutto il suo "rammarico" e la sua preoccupazione per questa "interruzione in extremis della legislatura", nel discorso di auguri alle alte cariche dello Stato. Un discorso nel quale il Capo dello Stato ha anche ammonito le forze politiche a non "bruciare" quel patrimonio di credibilità recuperata a livello internazionale e del quale si è sempre fatto garante in questi mesi.
Al Quirinale resterà anche l’amarezza per la mancata riforma della legge elettorale per la quale l’inquilino del Colle si è speso con grande energia e sul quale ha lanciato invano ripetuti messaggi ai partiti mettendoli in guardia dal rischio dell’antipolitica alimentata anche da meccanismi elettorali poco rappresentativi. Pur sottolineando la "fecondità" dell’esperienza del governo Monti, quel governo tecnico o ‘del presidente’ che ha seguito in ogni suo passo, tanti sono rimasti i fronti sui quali, secondo il Capo dello Stato, il Parlamento ha mancato e sul quale dovrà impegnarsi nei prossimi cinque anni.
Lo scioglimento anticipato, anche se di poche settimane, ha anche rimesso in gioco Napolitano per la formazione del nuovo governo. Il suo mandato scadrà soltanto a maggio perciò spetterà a lui, a metà marzo, quando le Camere saranno formate, avviare le consultazioni e nominare il presidente del Consiglio. Il Presidente ha ribadito a questo proposito che l’esperienza del governo tecnico è superata: "si sta per tornare a una naturale riassunzione da parte delle forze politiche del proprio ruolo", perciò il prossimo esecutivo sarà scelto in base al consenso elettorale che i partiti riceveranno.