E’ sintomatico che nel 2013 si debba ancora pagare l’imposta per il possesso di un apparecchio televisivo. Sintomatico di un sistema economico, fiscale e amministrativo basato su arroganza, falsità e corporazioni. Lo specchio di questo è lo spot pubblicitario che inonda i canali Rai in queste settimane: oltre a essere stupido è anche un insulto all’intelligenza media di un qualsivoglia contribuente. Se uno non è addentro alla perversa logica che, animata da una legge del 1938 obbliga al pagamento per il mero possesso di un apparecchio tv qualunque sia l’uso che di esso se ne faccia, … chiunque con un minimo di cognizione di causa e diritto crederebbe di essere nella trama di un film di fantasia che narra di un Paese governato da un malvagio e matto dittatore. Su questo motivo trascorrono i 34 secondi del nostro spot dove, pur se usi la scatola del televisore per farci la casa delle bambole, o l’acquario o il barbecue, devi comunque pagare la tua imposta. Un’imposta sul contenitore, in sostanza. Non è forse alterato nel pensiero e nel comportamento chi ha l’arroganza di pagare alcuni artisti che hanno realizzato questo spot e di occupare spazi pubblicitari tv che altrimenti costerebbero milioni (e tutto coi nostri soldi)?
Dando per scontato che un servizio pubblico radiotelevisivo ci debba essere (e per me è tutt’altro che scontato, ma di questo ora non ne parliamo), cosi’ come ci debba essere l’Istat o il Cnr, forse per questi due ultimi istituti ci viene chiesta un’imposta con lo stesso metodo della Rai? No! Esiste tutto un sistema contributivo che va dal particolare al generale e che poi torna al particolare, da cui lo Stato attinge e poi distribuisce per le varie iniziative. Per la Rai, no! Non è così! Occorre che ci debba essere il sostituto d’imposta a cui è delegata la raccolta, come le tanto amate società di recupero crediti da cui, non a caso, la Rai ha appreso metodo e sistema: ti si introducono in casa, raccontando una serie di balle ai limiti e dentro il codice penale perche’ quel che conta per loro, non è rispettare il diritto dello Stato alla riscossione di un’imposta, ma recuperare soldi in qualunque modo, anche quando non sono dovuti e, comunque, facendosi fautori di diritti e doveri “creativi”, fidando -come qualunque delinquente che venda falsità nel porta a porta o in Internet- sulla presunta ignoranza delle proprie vittime. Non solo, ma siccome i delinquenti -come i dittatori- sono buoni e fanno quel che fanno a fin di bene, se sei ligio alle loro serenate, ti danno anche il premio facendoti partecipare a concorsi con cotillon. Ma perchè continua questo sistema? E’ una storia tutta italiana, del peggior Belpaese. Ve l’immaginate stabilire una tassa non-diretta perchè lo Stato si paghi il proprio sistema televisivo (come già avviene per la radio, la cui imposta -solo per le famiglie- è prelevata da parte dei premi Rc-auto) e smantellare tutto il settore “Rai-agenzia recupero crediti”? Un po’ di persone senza lavoro, un po’ di uffici smantellati, niente più soldi per spot. Smantellare cioè una nicchia corporativa che, come quasi tutte le corporazioni, campa imponendo il proprio sostentamento sulla disgrazia delle proprie vittime. E questo, nonostante il presumibile vantaggio di una notevole attenuazione del vero e proprio odio che i contribuenti hanno verso l’attuale imposta, non viene lontanamente preso in considerazione. Anzi. Circola il progetto della riscossione di questa imposta attraverso la bolletta elettrica che, considerato il farraginoso sistema attuale di liberalizzazione del settore, a nostro avviso renderebbe la macchina di riscossione ancora più mostruosa, più coattiva (sarebbe accentuata la problematicità del recupero fiscale non solo dai contribuenti ma anche dai loro riscossori, proprio come avviene oggi per molte riscossioni delle bollette idriche). Chi, nella prossima tenzone elettorale, dirà di voler cambiare il complesso regime del malaffare che domina nella nostra amministrazione fiscale (e non solo), ha materia su cui promettere e, poi, mantenere queste promesse.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc