In questi giorni leggendo l’ultimo libro di Mario Giordano, Spudorati, edito da Mondadori, ho capito perché l’editorialista del Corriere della Sera Angelo Panebianco ha scritto che in Italia si parla tanto di riforme ma l’unico problema è che lo Stato italiano è irriformabile, e pare che gli italiani di questo siano abbastanza consapevoli. “La ripresa dei consumi interni, – scrive Panebianco – senza la quale non si esce dalla fase recessiva, è bloccata da una generalizzata crisi di fiducia, da aspettative negative sulle condizioni future”. La vera causa di non sviluppo del Paese oltre a essere per la crisi economica, è dovuta alla “tradizionale diffidenza dei cittadini nei confronti dello Stato, una diffidenza che, a sua volta, alimenta le aspettative negative di ciascuno sul (proprio) futuro”. Pertanto, “I politici parlano di «riforme» ma fingono di non sapere che lo Stato italiano è fin qui risultato irriformabile e che di tale irriformabilità c’è ormai generale consapevolezza. Pesano sia le nostre immarcescibili tradizioni amministrative sia tanti errori commessi, nel corso del tempo, dai governi (da tutti i governi)”. (Angelo Panebianco, La fiducia che non c’è, 21.1.13 Corriere della Sera) E criticando l’introduzione del redditometro, scrive:“Ma in che mani siamo? Come ci si potrà mai fidare di uno Stato simile?”. Per l’editorialista del Corriere non è colpa solo dei politici di professione, ma del sistema Stato, da quelle tradizioni culturali (giuridiche in particolare) del Paese e soprattutto da “una vasta ragnatela di interessi politici e burocratici, che hanno impedito che l’amministrazione venisse investita da una rivoluzione liberale, capace di convertire la diffidenza in fiducia”. E’ interessante come Panebianco descrive egregiamente come si è giunti a questo stato di cose: “L’amministrazione dello Stato continua imperterrita a operare secondo antichi principi illiberali: retroattività delle norme, inversione dell’onere della prova (sempre a carico del cittadino), una prassi per la quale è vietato tutto ciò che non è esplicitamente permesso. La democrazia, semmai, accrescendo il numero degli interessi in gioco, ha aggravato i mali antichi. Ha favorito una proliferazione e una complicazione delle norme che esaltano la discrezionalità politico-amministrativa. Ogni tanto si sente invocare la semplificazione del quadro normativo. Ma sono parole al vento. Una vera semplificazione toglierebbe spazio alla discrezionalità e troppi interessi ne verrebbero danneggiati”. Tuttavia la colpa di questo stato di operosità dello Stato è anche dei tanti consulenti e professori di diritto che hanno “contribuito a forgiare le mentalità di coloro che nell’amministrazione operano”. Inoltre oltre alle tradizioni amministrative, concorrono gli errori dei governi, compreso quello tecnico di Monti, anche se, non si potrà dargli tutta la colpa, per non aver rimediato ai mali antichi del nostro sistema amministrativo. E’ probabile che le uniche “riforme” (si fa per dire) che Monti abbia fatto sono la introduzione dell’Imu e l’elevazione dell’età pensionabile, a spese naturalmente dei comuni cittadini. Quindi se gli italiani non hanno fiducia nel futuro, la colpa maggiore sembra la poca affidabilità dei governi italiani da quelli locali a quelli nazionali, comprese le strutture amministrative. Pertanto Panebianco auspica che più che gli economisti, al capezzale dell’Italia, servirebbero gli psicologi, quasi la stessa cosa l’ha detta Ettore Gotti Tedeschi, economista e banchiere, intervistato da Sussidiario.net., contro la crisi economica, “più che buoni economisti, abbiamo bisogno di buoni preti che tornino ad insegnare il senso della vita e delle azioni umane”.
Panebianco parla di parole al vento, quando si sente invocare la semplificazione del quadro normativo, arriva alle stesse conclusioni il libro “Spudorati” di Giordano che dopo aver scritto, Sanguisughe, deve ammettere che ancora in Italia è cambiato poco per quanto riguarda le riforme dello Stato. “I tagli agli stipendi dei parlamentari? Non si fanno. L’abolizione di vitalizi? A Montecitorio scatta la ribellione (…)Le auto blu? In Italia restano 72.000, mentre in tutta la Gran Bretagna sono 195(…) Dare meno soldi ai partiti? Non scherziamo. In dieci anni ne hanno ricevuto il 1000 per cento in più. Li chiamano ‘rimborsi elettorali’, – scrive Giordano – in realtà sono una truffa al contribuente. Giordano porta l’esempio della Margherita, un partito defunto da almeno quattro anni, che si fa rubare la metà (13 milioni di euro) del suo gruzzolo dall’ex tesoriere. “Mentre le famiglie non riescono a far quadrare i conti, un partito politico defunto possiede una somma di tale portata”. Interessante quello che racconta il libro: dai rendiconti pubblicati dalla Gazzetta Ufficiale, la Margherita nel 2010, nonostante fosse sparita da tre anni, spendeva soldi, milioni, per propaganda, viaggi, etc.
Il racconto continua: diminuire le spese del Palazzo, mentre gli italiani tirano la cinghia, neanche a parlarne. Per colpa degli stipendi dei dipendenti di Palazzo Chigi, le spese sono aumentate del 15,2. Bisognava eliminare o almeno ridurre le Province? Ma quando mai. Anzi si vogliono aumentare, come il caso Gela o la provincia autonoma di Ladinia, di Breno, Avezzano, Melfi e tante altre. Ma come mai? “Non è vero che le Province non servono a niente. Servono un sacco. A che cosa? Semplice: a finanziare le varie sagre, convegni, come quello“per capire gli orsi”. Per fare una sola delibera in sei mesi come ha fatto la provincia di Monza-Brianza. Per i finanziamenti in libertà come a Palermo. Intanto le province costano 14 miliardi di euro l’anno, ci prosciugano, non funzionano, ma svolgono due compiti fondamentali: mantengono un esercito di 4520 amministratori e distribuiscono denari a pioggia. E poi ci sono i Comuni che piangono miseria, con i loro sprechi, Giordano racconta di certe spese, di grandi sprechi che leggendoli ti fanno venire il mal di fegato. “Ancora troppe persone sguazzano nei privilegi, ancora troppe persone usano i soldi nostri per farsi i comodi loro, ancora troppe persone fingono di fare riforme e, alla fine, ci fregano sempre. Dobbiamo smascherarli – scrive Giordano – questi spudorati. Perché, se noi smettiamo di crederci, vincono loro. E non possiamo permettercelo”.
Per alcuni la lettura di libri come Spudorati alimenterebbe l’antipolitica, ma ci sarà qualche ragione se gli italiani da qualche tempo votano un grillo qualsiasi oppure preferiscono rifugiarsi nell’astensionismo.
DOMENICO BONVEGNA
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