La crescita dell’occupazione come motore centrale per superare la crisi e far ripartire il Paese. E’ questo il ”nodo” centrale del Piano per il lavoro che la Cgil presentera’ domani e dopodomani al Palalottomatica di Roma e che vuole essere un concreto suggerimento al prossimo governo per cambiare l’agenda economica e politica seguita fino a ora. Il Piano per il lavoro, che si richiama all’analogo documento presentato nel 1949 dal carismatico segretario della Cgil, Giuseppe Di Vittorio al congresso di Genova, indica in oltre un milione di posti di lavoro l’obiettivo che si può raggiungere nel prossimo triennio con una nuova politica economica. Per la Cgil, infatti, cambiando strategia l’occupazione, invece di continuare a diminuire quest’anno di un altro 0,4%, salirebbe dell’1,5%, pari a circa 350 mila posti di lavoro in più e così, all’incirca nei due anni successivi, per un totale appunto di un milione di posti di lavoro nel triennio. In sostanza, il sindacato guidato da Susanna Camusso punta su un Progetto per lo sviluppo e l’innovazione, centrato su un ”Piano straordinario per la creazione diretta di lavoro” e su un ”Piano per un nuovo Welfare” che abbia come priorita’ quattro settori: ”Infanzia, non autosufficienza, poverta’ e integrazione”. Il piano della Cgil punta poi al recupero di capitale. Prima fra tutte figura la riforma fiscale che per il sindacato potrebbe portare nelle casse dello Stato almeno 40 miliardi di euro l’anno in piu’ di ora. Denaro recuperato attraverso una patrimoniale sulle grandi ricchezze, un aumento dell’imposizione sulle transazioni finanziarie, l’introduzione di tasse ambientali, un piano strutturale di lotta all’evasione fiscale. Per il sindacato di corso d’Italia il nuovo fisco dovrebbe pesare di meno su dipendenti e pensionati, per i quali si propone il taglio di due aliquote Irpef (la prima dal 23 al 20%) e la terza (dal 38 al 36%), l’aumento delle detrazioni specifiche e dei sostegni per i carichi familiari. Accanto alla riforma fiscale per la Cgil e’ possibile ridurre la spesa pubblica di 20 miliardi, tagliando 10 miliardi di incentivi alle imprese e recuperando 10 miliardi da un miglior utilizzo dei fondi europei. L’obiettivo resta quello di raccogliere circa 80 miliardi di risorse da impiegare per la crescita.