Le ore di Cig autorizzate a gennaio 2013 sono state 88.869.000, con un incremento del 2,72% rispetto al dicembre 2012 e del 61,64% rispetto al gennaio 2012. Si tratta del dato più alto dal 1980. In forte aumento anche la richiesta di Cigs: a gennaio 2013 le aziende in Cigs aumentano del 98,44% rispetto a gennaio 2012 e del 25,46% rispetto al dicembre 2012. Sono questi alcuni dei numeri contenuti nel Rapporto dell’Osservatorio Cig del Dipartimento Settori Produttivi della Cgil Nazionale, elaborato sui dati Inps relativi al mese di gennaio.
"Questi numeri – afferma il segretario confederale della Cgil, Elena Lattuada – dimostrano che lo spessore della crisi industriale ed economica e’ sempre piu’ profondo, una conferma viene anche dall’andamento della produzione industriale rilevata dai dati dell’Istat in forte riduzione del 6,7%, rispetto all’anno precedente, e con flessioni dei comparti produttivi su percentuali a due cifre. Ci troviamo di fronte a una vera emergenza – prosegue la sindacalista – il nostro sistema industriale e’ stato lasciato andare alla deriva, in questi anni non e’ stato fatto nessun intervento significativo, nessuna scelta strategica, quasi nessuna crisi aziendale e’ stata risolta positivamente. Le scelte governative hanno riguardato piu’ gli effetti, il mercato del lavoro, che non le cause: sistema industriale non piu’ competitivo per qualita’, prezzi, contenuti tecnologici. Come poco e niente si e’ fatto verso quei fattori di competitivita’ per tutto il sistema paese: energia, trasporti, semplificazioni burocratiche, alleggerimento fiscale, ricerca, sistema finanziario".
Il rapporto della Cgil evidenzia come nel mese di gennaio i settori piu’ in difficolta’ e con piu’ ore di Cig richieste restino il settore Meccanico (in aumento del 79%), il settore del Commercio (in aumento del 80,12%) e il settore dell’Edilizia (in aumento del 57,46%). Per quanto riguarda invece le aree geografiche la richiesta di Cig cala in sei regioni, mentre aumenta in quattordici, tra cui consistentemente in Lombardia (+56,94%), nel Lazio (+60,05%), in Piemonte (+66%), in Emilia Romagna (+82,32%), nelle Marche (+121,95%), in Abruzzo (+171,31%), in Campania (+85,60%), in Puglia (+115,12%), in Sicilia (+118,84%) e in Sardegna (+169,53%).