Il Gran Teatro Italico vanta una lunghissima tradizione artistica. Sorge sulle vestigia di un antico anfiteatro romano la cui storia è narrata in tutto il mondo. Dopo il grande splendore di quei secoli l’anfiteatro fu lasciato alla mercé di compagnie di ogni genere, straniere per lo più. Esse in gran parte non si occuparono della manutenzione del Teatro, si limitarono ad eseguire i loro spettacoli e a passare il cappello tra gli spettatori per ricevere l’immeritato compenso. Tuttavia, quelli che fuori dal teatro criticavano aspramente gli attori, erano i primi poi a riempire il cappello e a proporsi come costumisti, inservienti, suonatori. Cercando di accaparrare l’attenzione degli attori, gli spettatori erano soliti scontrarsi fra loro, dividendosi in ridicoli settori della platea. Ognuno rivendicava la superiorità del suo settore rispetto agli altri e gli attori, furbi, ne approfittavano facendo passare più e più volte il cappello tra il pubblico e ogni passata era una sfida al rialzo. Gli attori così si ritrovavano con le tasche piene, pronti per andare a svuotarle nei loro teatri di origine, riempiendoli di ogni bellezza, lasciando invece il Gran Teatro ad appassire con il passare degli anni. Alcuni spettatori però si misero d’accordo e trascinando gli altri impedirono alle compagnie straniere di esibirsi su quel palco rivendicandone la proprietà. Non dover più pagare le altre compagnie permise di ristrutturare il Gran Teatro, cercando di renderlo finalmente accogliente. Vennero rinnovati gli impianti, ridipinte le pareti, risistemati i pavimenti, rappezzate le poltrone. L’immagine del Gran Teatro era davvero meravigliosa. Ma qualcosa non fu possibile cambiare, il pubblico. La cattiva abitudine di doversi accaparrare l’attenzione degli attori non accennò a scomparire neanche quando gli attori erano i loro stessi fratelli. Facilmente si innamoravano dei nuovi attori che dicevano che avrebbero fatto spettacoli mai visti, che avrebbero reso il Gran Teatro il più bello del mondo. I grandi attori o salvatori della patria che dir si voglia, venivano osannati sul palco e poi calpestati una volta caduti da esso. L’avvento della radio e della televisione segnò l’inizio della decadenza del Gran Teatro. Un declino strutturale derivato dal declino artistico. Gli attori smisero di lasciare parte del loro guadagno per il Teatro e gli spettatori per avere le poche poltrone rimaste intatte, oppure una migliore visuale accettavano di pagare una piccola sovrattassa. Erano tutte compagnie del posto e forse proprio per questo il pubblico non accettò più questa disonestà artistica. Sul palco piovvero pomodori, uova, monetine. Di tanto in tanto passava qualcuno per provare a ripulire il tutto, ma forse era troppo tardi. Gli spettatori iniziarono a proporre i loro spettacoli, alcuni di successo altri meno. Chiunque iniziò a improvvisarsi attore: insegnanti, idraulici, spazzini, industriali. Scendevano sul palco promettendo che non avrebbero fatto come le precedenti compagnie, che non avrebbero intascato più di quello che spettava loro. Eppure, le casse del Gran Teatro come d’altronde le tasche degli spettatori continuavano a essere vuote. Arrivò allora un tecnico logistico il quale, pur non recitando riuscì a ridurre le spese del Gran Teatro. Nelle casse finalmente si rivede qualche moneta, ma le tasche degli spettatori continuavano ad essere vuote e occorreva scegliere quali spettacoli mettere in cartellone. A oggi i litigi tra le compagnie sono diventati i nuovi spettacoli. Il tecnico si propone, dicendo che vuole salire sul palco per continuare il suo lavoro concedendo anche un po’ di spettacolo di tanto in tanto. Qualcuno si fida di lui, rassicurato dalle poche monete che è riuscito a rimettere in cassa. Ma non è il solo a proporsi. Quando recitavano le compagnie, tra un atto e l’altro si esibivano dei giullari che ricalcavano gli errori di recitazione degli attori principali. A uno di loro venivano tributati grandi applausi, forse per questo si è convinto di poter prendere il posto di quelli che prima canzonava tra un atto e l’altro. Anche di lui si fidano in molti, probabilmente perché credono che conoscere gli errori degli attori significhi non commetterli. A essi se ne aggiunge un terzo, un tutore del servizio d’ordine del Teatro. Fino ad ora il suo compito è stato quello di sanzionare i comportamenti scorretti del pubblico e degli attori. Essendo insoddisfatto del regolamento che è costretto ad applicare vorrebbe cambiarlo proponendo il suo spettacolo. Lui, ancor più del giullare conosce bene gli errori degli attori e a maggior ragione non dovrebbe commetterli. E gli attori? Molti indossano una maschera per nascondersi dagli spettatori e si insinuano nei cast degli spettacoli del tecnico, del giullare e del tutore. Come se una maschera bastasse a celare la loro vera professione. Le compagnie di attori invece provano a cambiare i loro cast, promettendo di far recitare attori giovani. E anche loro come gli altri, giurano che restituiranno l’antico splendore al Gran Teatro. Loro propongono gli spettacoli, ma è il pubblico a decidere a quale assistere nei prossimi anni. La verità è che gli spettatori non hanno più voglia di star seduti a vedere ridicoli siparietti mentre fuori dal Teatro imperversa la disoccupazione e la povertà. Tuttavia non è rimanendo fuori da esso che quest’ultime verranno meno, ciò potrà avvenire solo scegliendo la giusta compagnia. Ricordando che un buon spettacolo ha bisogno di tante cose, certamente d’onestà e di freschezza giovanile, ma soprattutto è fondamentale l’esperienza degli attori. Gli improvvisatori possono promettere grandi spettacoli ed essere credibili soltanto perché non hanno mai calcato davvero il palco. La recitazione è un’arte da imparare, non da improvvisare.
Arianna Tascone