Egregio Direttore,
troppe Associazioni o Organizzazioni sono spuntate negli ultimi anni che si fregiano dell’appellativo “NO-PROFIT”, ultima versione “ONLUS”, che starebbe a significare che agiscono del tutto DISINTERESSATAMENTE, cioè non per far profitti ma unicamente PER IL BENE DEL PROSSIMO e DELLA COLLETTIVITA’.
Tanto di cappello se tutte queste associazioni perseguono fini “umanitari” o “sociali” senza un ritorno personale, ossia senza un vantaggio utilitaristico che non sia solo quello di “immagine”, per essere più chiari senza un guadagno pecuniario diretto o indiretto.
Purtroppo non è sempre così, perché parecchie di queste “Onlus” si scopre che di opere di “beneficenza” ne fanno ben poche, soprattutto quelle che rastrellano soldi di qua e di là per finalità non sempre chiare e dichiarate, e che spesso anche ne trattengono parti consistenti sotto il capitolo “spese di gestione” e “di personale”. Restando sempre – beninteso – nei limiti della legge, che prevede per questi costi dei “tetti massimi” in percentuale del “fatturato”, cioè degli introiti che riescono a raccogliere.
E’ sotto queste “voci” di bilancio, formalmente regolare, che a mio avviso si può nascondere l’imbroglio, perché a fronte di “ricavi” elevati si possono giustificare benissimo – in percentuale – anche “spese di gestione” e “di personale” elevate, in evidente contrasto con lo “spirito” per cui queste Associazioni sarebbero nate. Spirito secondo il quale chi opera in esse dovrebbe prestare GRATUITAMENTE il proprio tempo e le proprie professionalità, in modo che tutto il denaro raccolto (laddove lo statuto preveda questa possibilità) venga destinato all’esterno, cioè ai fini “umanitari” o “sociali” che esse dichiarano di perseguire, al massimo con piccoli e documentati rimborsi-spesa.
Negli ultimi decenni di queste Onlus ne abbiamo viste spuntare a centinaia, di cui non tutte limpide e chiare, talora con smascheramenti e successivi strascichi giudiziari (mi ricordo in passato di “associazioni invalidi civili” costituite da persone senza scrupoli allo scopo di lucrare i soldini del tesseramento e di eventuali contributi volontari). Credo che il difetto sia insito nella legge, che implicitamente permette troppo facili abusi.
Chiedo ai Politici che verranno eletti nella prossima Legislatura di interessarsi, tra la miriade dei problemi che dovranno affrontare, anche di questo problema, di una certa rilevanza sociale e civile, per riformare, alla luce degli abusi commessi, una legge antiquata in modo da impedire che sull’onda dell’emotività e sotto lo scudo della “beneficenza” si commettano imbrogli e facili arricchimenti.
Lettere firmata