Bungalow abusivi in un’area marina protetta, aggressione alle coste e al patrimonio naturale, turismo sotto scacco delle illegalità. Un’altra vicenda che parla in negativo della Calabria e conferma la giustezza della nostra richiesta di un tavolo di confronto con la Regione sulla maladepurazione, che deve tenere conto anche delle altre emergenze ambientali e legali che segnano il nostro territorio, per dare speranza al settore turistico di cui ogni estate con la nostra Goletta Verde segnaliamo limiti ma conosciamo le potenzialità. Questa volta tocca a Isola Capo Rizzuto nel Crotonese, importante località turistica e sede di un’Area marina protetta di straordinario interesse naturalistico e culturale, i cui territori costieri sono stati presi di mira ancora una volta da una lottizzazione selvaggia, resa possibile dalla latitanza degli enti chiamati al controllo. Ai carabinieri il compito di porre i sigilli a ben 51 strutture ricettive del Villaggio Marinella di Capo Rizzuto, realizzati su un’area di 36mila metri quadrati e del valore complessivo di due milioni di euro, ipotizzando il reato di abusivismo edilizio a carico dei gestori. Un ulteriore schiaffo a quel territorio che ha visto di recente il sequestro di un’altra struttura turistica abbandonato e preda del degrado prontamente denunciato dai cittadini che ancora aspettano la bonifica dei luoghi.
“Un caso ancora più grave – dichiara Francesco Falcone, presidente di Legambiente Calabria – appunto perché il villaggio sorge all’interno dell’area marina protetta di Capo Rizzuto, nel cui territorio si è già verificato un caso simile: anche il “Camping Subacqueo” è stato posto sotto sequestro da oltre due anni, con materiali infiammabili ed eternit abbandonati senza precauzioni. L’ambientalismo calabrese deve prendere posizione per stigmatizzare il lassismo dei controlli a Isola Capo Rizzuto e sulla costa crotonese. Occorre quindi rilanciare l’azione a tutela delle bellezze del nostro territorio, a partire dalle aree protette”.
“Una vicenda di una gravità estrema – dichiara Antonio Nicoletti, responsabile nazionale Aree protette di Legambiente – che interroga in primo luogo gli enti chiamati al controllo e al presidio del territorio. La realizzazione di strutture abusive all’interno di aree protette è inconcepibile appunto perché, nella logica che ha animato l’istituzione delle riserve, i vincoli sono più stringenti e soprattutto esistono degli organi di gestione come la Provincia di Crotone che dovrebbe garantire la salvaguardia ambientale di una zona di alto pregio naturalistico e paesaggistico, oltre che puntare alla loro valorizzazione. Se ciò non avviene, come nel caso dell’Area marina protetta di Isola Capo Rizzuto, occorre meditare sull’opportunità di azzerare l’ente e ripartire con una gestione più dignitosa dell’attuale e che deve necessariamente coinvolgere i comuni costieri, che su queste vicende devono essere più attivi”.