I parlamenti di Francia ed Inghilterra votano a favore dei matrimoni gay

Durante le lotte furiose del Sessantotto, a cui ho partecipato in prima persona, qualcuno, buon studioso di storia e di filosofia, mi diceva che l’Europa si stava avviando a gran passi verso l’autodemolizione; ne ero convinto anch’io ma in cuor mio non credevo che a tale traguardo sarebbe arrivata in così breve tempo. Eppure in quegli anni calamitosi a causa della esaltazione mentale diffusa e della stessa “accelerazione” dei fatti che precipitavano, i rivoluzionari di professione talvolta coi loro discorsi illuminavano squarci di avvenire che, però, a me sembrava ancora e comunque “lontano”. Ricordo – ad esempio – che all’università statale di Milano mi capitò di leggere una volta un volantino in cui c’era scritto che la madre aveva il “diritto” di eliminare il “feto” perfino dopo la…nascita! Ma, pur ritenendo queste affermazioni in linea con lo slogan femminista “io sono mia!”, mi ostinavo a ritenerle esagerazioni e ciarlatanerie di visionari. Oggi la stessa cosa viene riproposta come fosse quasi normale. Terribile! (Cfr. “Osservatore Romano”, 26-27 marzo 2012).
Comunque, insieme al verbo marxista, si mescolavano, allora, parole come “divorzio”, “aborto”, “liberazione della donna”, “rivoluzione sessuale”, “amore di gruppo”, “liberazione” dei figli dalla famiglia, degli studenti dai “maestri” e dalla scuola, liberalizzazione delle droghe e altre “follie” come “diritto dei fanciulli ad avere rapporti sessuali con gli adulti”… Studiando meglio, capii che erano le due “anime” della stessa Rivoluzione: una, per così dire, “politica” di chi, anche se ormai fuori tempo massimo, voleva imporre il Comunismo alla nostra Patria, l’altra “culturale” o del “costume” con, in primis, l’ “abolizione della famiglia”, come, del resto, c’è scritto sul “Manifesto” di Carlo Marx del 1848. Il primo tentativo, per nostra fortuna e grazie al rifiuto della stragrande maggioranza del popolo italiano, fallì nonostante l’imponente organizzazione di sinistra e le migliaia di “brigatisti” e loro fiancheggiatori pronti con le “armi al piede”; il secondo, quello del “costume”, invece, vinse su tutta la linea.
E infatti, i “rivoluzionari” del “68” che nei cortei del sabato pomeriggio avevano inneggiato a Marx, Lenin, Stalin, Mao-Tse-Tung, lanciando impunemente molotov e bruciando le macchine degli altri, si ritirarono in buon ordine nella loro “casta” d’origine, la borghesia; dismisero l’eskimo, riindossarono gli abiti firmati, propri del loro rango, e si diedero, così trasformati, a lavorare per quella rivoluzione “culturale” in interiore homine che, in ossequio alla “libertà assoluta”, pretenderà di trasformare in “buono” e “legittimo” ciò che fino a ieri i secoli, la storia, le consuetudini, gli usi e i costumi e le stesse leggi avevano ritenuto e giudicato come “male”: quella del “68”, in Europa, fu una Rivoluzione epocale, cioè punto di arrivo e di partenza, snodo fra i più importanti della Storia contemporanea ed è ancora in atto; qualcuno, giustamente, parla di “IV Rivoluzione”, dopo quella della Riforma (1517), quella Francese (1789) e la Comunista del 1917.
Essa è avvenuta/avviene – ovviamente – per gradi, con un processo ora lento, ora veloce, a seconda delle circostanze, delle convenienze e degli impulsi e comandi occulti provenienti dall’alto, e si avvale di una “meccanica” precisa che qualsiasi persona dabbene, e il cattolico in particolare, dovrebbe conoscere per non lasciarsi sorprendere dagli avvenimenti che, appunto, non accadono improvvisi come i fulmini; così, per dirne una a mo’ di esempio, il famoso/famigerato “registro delle coppie di fatto” messo in opera da qualche sindaco “comunista” ex-sessantottino, votato – dicono – anche da preti entusiasti, è un primo traguardo, sebbene ancora “simbolico”, volto all’affossamento della Famiglia, la cui distruzione è lo scopo primario della Rivoluzione in Europa nell’attuale fase storica; ma alla “piccola” tappa del “registro” si è arrivati dopo lunga preparazione, con avanzate e ritirate strategiche (in gergo i “tre passi avanti e due indietro”!) per mezzo di una imponente e capillare propaganda di giornali cosiddetti indipendenti, riviste femminili di infimo livello culturale, di programmi televisivi, di film, di risate, di luoghi comuni…, un “esercizio” capillare e strisciante teso a schiacciare/omologare a poco a poco il pensiero del cittadino medio – il classico “quidam de populo” – a portarlo a non meravigliarsi di nulla e, quindi, ad abituarlo alla “novità” e a non reagire ad essa ma ad accettarla e, anzi, ad essere felice e contento e, perfino, ad applaudirla!
Ora è la volta della Francia (1-2-13) e dell’Inghilterra (5-2-13) i cui parlamenti votano a favore dei “matrimoni” gay, con annesso “diritto” di adozione (immaginiamo a questo proposito il “genitore uno” e il “genitore due”!): a Parigi i socialisti al potere non vedono l’ora di recuperare il tempo perduto, visto che la Francia fu madre e maestra della Rivoluzione del 1789 da cui tutto è dipeso nel mondo; ma a Londra anche i conservatori non vedono l’ora, da buoni gnostici e ormai “ex” per credo religioso, di conquistare l’ambita meta, tenuto conto che perfino la Spagna, “cattolica” e “reazionaria” con Zapatero aveva bruciato le tappe prima di loro.
Resta solo (o quasi) l’Italia: difatti quell’Augias, che da Rai 3, come un monsignore ineffabile, catechizza i suoi devoti ascoltatori, su “la Repubblica” del 7-2-13 (è il giornalone più anticattolico sulla piazza) ne lamentava il “ritardo” facendolo risalire, nientemeno, a una “storia vecchia di 17 secoli” che parte da “Costantino e Teodosio”. Ohibò, verrebbe persino da ridere! Egli aggiunge pure che questa “legge” in favore dei gay la “reclama la maggioranza dei cittadini”. Ma – a parte il fatto che oggi i cittadini hanno ben altri problemi a cui pensare – forse Augias confonde la cricca degli intellettuali borghesi come lui (giornalisti, politicanti, sparaparole televisivi…) con la “maggioranza del popolo” che, nonostante la concentrica aggressione alla Famiglia, in Italia crede ancora in essa, composta da un uomo e una donna che generano figli: col nome di “Famiglia” il popolo italiano conosce solo quella! E anche questo di Augias, a ben guardare, è un esercizio della “meccanica” a cui accennavo prima: sparare una falsità, ripeterla tante volte e farla diventare “vera” per annichilire l’avversario e non lasciargli facoltà di replica come fecero – sono maestri inarrivabili! – a proposito della “nube” di Seveso (1976) quando dissero della sicura nascita di un certo numero di bambini malformati; era una notizia falsa messa in circolazione per invogliare le donne incinte ad abortire e accelerare l’iter della “legge” “194”: i bambini, comunque, nacquero sani.

Attenzione!
Con le due ultime votazioni di Londra e Parigi, freneticamente applaudite dai votanti, i capi dell’Europa dicono di voler andare verso la libertà; in realtà marciano a grandi giornate verso il nichilismo e l’autodemolizione; hanno cominciato col rifiuto delle “radici cristiane” e ora proseguono verso l’attuazione pratica e conseguente di tale “rifiuto”. È un tradimento non solo della Religione ma anche della Storia e della Civiltà dell’Europa. Ma il prezzo da pagare potrebbe essere salato: non si sfascia impunemente ciò che le civiltà e i Padri hanno costruito per secoli; infatti ricordo agli immemori che qualche bene informato ha scritto che nelle nazioni del Nord “i cattolici praticanti spariscono e le chiese diventano moschee” (“Il Foglio”, 18-X-12); dei “cattolici che spariscono”, i supponenti intellettuali nostrani, che rifiutano la Religione in cui sono nati, potranno pure sorridere e perfino gioire; ma con le moschee, in un futuro più o meno prossimo, soprattutto per loro, ci sarà poco da scherzare, da elucubrare, da scrivere idiozie su giornali e riviste, da sparare parole in libertà dalle tv di stato e private… Nella moschea l’imam barbuto comanderà di gridare solo due parole: “Allah, akbar!”
I nostri intellettuali (inglesi, francesi, spagnoli, italiani…) sono degli stolti perché tagliano il ramo su cui sono seduti. E applaudono e ridono, in coro come al festival di San Remo.

CARMELO BONVEGNA