C’è una rivoluzione che avanza sul fronte dei rifiuti. Ma c’è anche un’Italia che frena il cambiamento, cavalcando l’emergenza per costruire nuove discariche e nuovi inceneritori, fare profitti a danno dell’ambiente e dei cittadini. È l’ora di scegliere quale sarà l’Italia del futuro.
Osservando la realtà del nostro Paese negli ultimi dieci anni, ci accorgiamo che molte cose sono cambiate: la raccolta differenziata porta a porta ha preso piede al Sud e nei capoluoghi di provincia, si sono sperimentati innovativi sistemi di penalità/premialità sullo smaltimento in discarica, i nuovi impianti di compostaggio sono ormai remunerativi dal punto di vista economico, si avviano sempre nuove e sempre più efficaci campagne di prevenzione, l’industria ha finalmente imboccato la via della green economy, puntando al riciclo di frazioni merceologiche che fino a poco tempo fa erano considerate irrecuperabili. È una vera e propria rivoluzione, che s’infrange però contro la totale indifferenza della politica italiana, e trova un potente nemico nel partito delle discariche e degli inceneritori, una lobby agguerrita che blocca ogni possibile soluzione alla questione. E così restano insoluti i vecchi nodi: ci sono territori refrattari a ogni cambiamento, manca un piano nazionale di prevenzione, è carente il sistema impiantistico per il trattamento dei rifiuti organici, la tassazione sui rifiuti è iniqua e vessatoria.
Ecco che affrontare la questione rifiuti significa abbandonare una volta per tutte la strategia delle discariche e degli inceneritori, ancor di più in Calabria, alle prese con un’emergenza che perdura da oltre un decennio. Si continua a smaltire in discarica sostanzialmente la metà dei rifiuti urbani prodotti nel Paese, in evidente violazione della direttiva europea sul tema, esponendo l’Italia a un pesante rischio sanzioni. Nonostante le dichiarazioni di rito, una soluzione alternativa non è stata nemmeno presa in considerazione. E invece l’unica opzione praticabile è la leva economica: serve imporre un aumento dei costi di conferimento (ad esempio attraverso un’ecotassa regionale), e lavorare perché il ministero dell’Ambiente e il Parlamento aggiornino quegli strumenti normativi ormai superati dalla realtà. Solo in questo modo potremo rottamare il modello fondato sull’attività delle discariche come l’abbiamo visto fino a oggi.
Come sempre, Legambiente affianca la proposta alla critica. Quello che l’associazione del Cigno Verde si propone di fare è la costruzione di un fronte comune per stimolare la politica nazionale a colmare assenze e ritardi nella gestione dei rifiuti. Il primo obiettivo è la redazione di un programma nazionale di prevenzione da parte del ministero dell’Ambiente. Occorre poi sostenere dall’esterno i parlamentari che vorranno sposare il cambiamento presentando le proposte di legge necessarie: dagli incentivi ai materiali realizzati dal riciclaggio dei rifiuti alle modifiche normative sul compostaggio collettivo passando per l’ecotassa sulle discariche.
Occorre dunque stimolare e sostenere un rinnovato protagonismo della politica. Ma occorre fare chiarezza sugli strumenti da utilizzare. L’ipotesi della Tares, con l’aumento indiscriminato del peso fiscale sulle famiglie, è una strada impercorribile. Occorre invece imporre il principio “chi inquina deve pagare”, premiando i cittadini virtuosi e punendo chi inquina a danno della collettività. Un principio da rilanciare anche e soprattutto in chiave locale, spingendo per l’introduzione delle ecotasse regionali.
L’impegno degli ambientalisti in Calabria ha prodotto un risultato importante: è stato elaborato un piano programmatico per chiudere per sempre con la stagione dell’emergenza permanente e avviare una gestione dei rifiuti razionale, basata sulla raccolta differenziata e sulle buone pratiche. Ma ciò che più conta è che si tratta di un documento condiviso con le forze sociali, l’associazionismo, l’imprenditoria, e la società civile, frutto di un lungo lavoro di analisi, confronto, proposta e sintesi. Si tratta dunque di un vero e proprio “Piano Calabria”, una sfida alle assenze e agli errori della Regione Calabria nella gestione dei rifiuti, per farla finita con la propaganda e cominciare a immaginare possibili soluzioni, nell’ottica del bene comune e nell’interesse dei cittadini.
Stefano Ciafani
Vicepresidente nazionale Legambiente